Page 129 - Missione in Siberia - I soldati italiani in Russia 1915-1920
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Gli irredenti fra Omsk e Versailles 127
presa, Francia, Gran Bretagna e Italia scelsero di prendere tempo e di non ri-
spondere. Gli statunitensi, probabilmente irritati dall’immobilismo dei propri
alleati, acconsentirono invece per proprio conto ad un incontro a Stoccolma tra
Litvinov e William Buckler, diplomatico dell’ambasciata americana a Londra.
Fu l’inizio di una lunga trattativa fra sovietici e Alleati destinata a durare quasi
due anni .
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Churchill, decise di compiere personalmente un tentativo col presidente
Wilson, poiché da lui in ultima analisi tutto dipendeva.
Nonostante le perplessità di Foch, il presidente americano e Lloyd George
proposero il 21 gennaio 1919 di convocare una conferenza fra le varie fazioni
in guerra in Russia. Il convegno avrebbe dovuto svolgersi sull’isola di Prinkipo
sul mar di Marmara, lì dove, alcuni anni prima, il governo dei Giovani Turchi
aveva concentrato tutti i cani randagi di Istanbul affinché vi morissero di fame.
Lenin accettò l’invito. Il 4 febbraio Cicerin dichiarò anzi in una nota ufficiale
l’intenzione russa di pagare i debiti pregressi, garantire con concessioni sulle
miniere e le foreste siberiane i debiti futuri e i relativi interessi e, soprattut-
to, espresse l’impegno a non interferire con la politica interna dei paesi esteri.
L’impegno cioè a non appoggiare i movimenti rivoluzionari. I comunisti euro-
pei ne furono costernati. Gramsci giunse alla conclusione che la Russia accetta-
va l’ordine capitalistico .
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Furono i bianchi a rifiutare l’incontro di Prinkipo, contrariando non poco
tanto Wilson che Lloyd George . Probabilmente si convinsero, o furono con-
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vinti, che un aiuto militare da parte dell’Intesa sarebbe stato possibile solo se
avessero manifestato una totale intransigenza a trattare. L’irrigidimento fu per-
cepito come una prova di ottusa ostinazione da parte di chi, con l’acqua alla
gola, vuole scegliere i modi in cui ricevere l’aiuto per non affogare.
Non era dunque un momento felice per perorare la causa antibolscevica, ma
il giovane ministro britannico decise di tentare.
La sera del 14 febbraio, al termine di una giornata di colloqui, Wilson sta-
va lasciando la sala per tornare temporaneamente negli Stati Uniti, quando
Churchill lo esortò ad uno scambio di opinioni sulla crisi in Russia. Il modo, e
l’ora, erano decisamente poco appropriati, ma il Presidente si mostrò cortese.
Tornato indietro “posando il gomito sulla poltrona di Clemanceau, Wilson
ascoltò senza sedersi quanto avevo da dire”. Poi l’americano parlò: desiderava
229 Ivi, pp. 7677.
230 Ivi, p. 82
231 W. CHURCHILL, Crisi mondiale e grande guerra, cit., pp. 162163.

