Page 125 - Missione in Siberia - I soldati italiani in Russia 1915-1920
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Gli irredenti fra Omsk e Versailles               123
                      Le sue speranze si erano appuntate dapprima sugli Stati Uniti, che L’vov
                   come molti liberali russi considerava la potenza protettrice delle giovani demo-
                   crazie. Ma invano. Il presidente Wilson, che solo malvolentieri aveva accettato il
                   coinvolgimento in Russia, concesse al principe quindici minuti di colloquio il 21
                   novembre 1918, e non si spinse oltre un generico benvolere per il popolo russo.
                      Trasferitosi a Parigi, L’vov si incontrò col governo russo in esilio, che lo
                   incaricò di rappresentarlo a Versailles per ottenere il riconoscimento e l’aiuto
                   militare alleato.
                      A Parigi il principe non poté però esercitare grande influenza, rassegnandosi
                   di lì a poco a ritirarsi a vita privata, tuttavia poté consolarsi apprendendo che l’i-
                   potesi di aprire una vera guerra ai bolscevichi aveva due importanti sostenitori:
                   il generalissimo Ferdinand Foch, comandante supremo delle forze alleate, e il
                   Segretario di Stato Britannico per i Rifornimenti bellici, Wiston Churchill, che
                   di lì a poco sarebbe passato a occupare il Ministero della Guerra.
                      Quest’ultimo aveva maturato da tempo una profonda avversione per il leni-
                   nismo, e cercava di scuotere l’opinione pubblica e i governi dell’Intesa conto
                   di esso. In un discorso ai Comuni aveva paragonato la Russia sovietica ad un
                   mondo regredito alla barbarie e i bolscevichi a scimmie assetate di sangue che
                   saltellavano fra le sue rovine .
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                      Meno incline alla oratoria truculenta, Foch aveva più concretamente cercato
                   fin dall’inizio della Conferenza di patrocinare presso Wilson, Lloyd George e
                   Clemanceau la trasformazione dell’intervento in Russia in una vasta operazione
                   per abbattere Lenin e i suoi, ma l’incontro con i Tre Grandi il 1° dicembre 1918
                   lasciò il generale sconcertato.
                      I tre statisti si erano appena accordati sul punto per cui “il popolo russo do-
                   veva essere messo in grado di scegliersi un’assemblea nazionale […]”, formula
                   anodina che lasciava aperte molte strade. Chiamato e interrogato su cosa si po-
                   tesse fare per la Russia, Foch dovette sentirsi a un passo dal successo:

                         «Non  vi  sono  grandi  difficoltà,  e  non  vi  sarà  bisogno  di  combattere
                         seriamente.  Poche  centinaia  di  migliaia  di  americani,  desiderosi  di
                         prendere parte ai fatti, insieme con unità volontarie britanniche […] e
                         truppe francesi possono facilmente impadronirsi di Mosca […]. Se voi
                         desiderate che la vostra potenza si estenda anche sull’ex-impero russo
                         allo scopo di ottenere che i russi esprimano liberamente i loro desideri,
                         non avete che a darmi gli ordini»” .
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                   224  V. SEBESTYEN, Lenin, cit., p. 400.
                   225  W. CHURCHILL, cit, p. 16.
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