Page 122 - Missione in Siberia - I soldati italiani in Russia 1915-1920
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Il risultato politico della mossa non fu quello che i golpisti avevano sperato.
Il colpo infatti fu male accolto sia dai francesi, che vi sospettavano una regia
britannica, sia dalle forze democratiche russe, che non intendevano consegnarsi
ad un dittatore .
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La reazione peggiore fu però quella dei legionari cecoslovacchi. Questi ul-
timi, molti dei quali di idee socialiste, erano già scontenti di partecipare ad una
guerra feroce che non li riguardava più dopo la resa dell’Austria-Ungheria, ma
ancor meno volevano combattere in difesa di un dispotismo asiatico col quale
non avevano nulla a che fare. I legionari, alla notizia del colpo di stato, minac-
ciarono persino di marciare su Omsk per rovesciare il Comandante supremo e
ci vollero le pressioni dei francesi perché si adattassero, almeno al momento, a
rimanere in linea.
Se queste furono le reazioni degli Alleati, non fu migliore l’accoglienza riser-
vata all’Ammiraglio dagli altri governi bianchi: il Governo di Archangelsk non
lo riconobbe, né lo fecero Denikin e Judenich, i quali si consideravano, ciascuno
per proprio conto, i capi naturali della crociata anti-bolscevica in Europa. In
Siberia Semenov, che aveva persino insediato un proprio fiduciario nell’Amur,
l’atman Kalmykov, affettò di non riconoscere a Kolchack alcuna primazia .
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Quanto ai Giapponesi, dai quali Semenov dipendeva per la sopravvivenza
della sua effimera “Repubblica cosacca dell’Oriente”, essi diffidarono da subito
dell’Ammiraglio considerandolo un agente britannico mandato ad ostacolare i
loro disegni in Asia.
Kolchack del resto contribuì poco a distendere i rapporti con Tokyo, che era
pur sempre la sola potenza in grado di aiutarlo direttamente. Uno dei primi atti di-
plomatici del nuovo Governo fu infatti la comunicazione agli Alleati di conside-
rare Cita, la Provincia Marittima e l’Amur, ovvero le provincie occupate dall’e-
sercito Imperiale, come parte integrante e irrinunciabile della Russia eterna.
Kolchack era certamente un uomo energico, ma anche orgoglioso, nevrile
e del tutto inesperto di rapporti internazionali. Il comandante del contingen-
te americano, generale Graves, lo detestò immediatamente giudicandolo un
“pazzo megalomane”, mentre il suo Ministro della Guerra, generale Alexeij
Budberg, lo definì con maggiore eleganza:
219 “I cechi stanchi di combattere, scarsi di munizioni, disillusi del poco aiuto degli alleati, ma so
prattutto eccitati dal colpo di Stato di Kolchack a Omsk, che rappresentava una reazione alle idee
socialiste, professate dalla maggioranza dei soldati, rifiutavano di combattere più a lungo e mi
nacciavano di abbandonare il fronte”. L’Esercito Italiano nella Grande Guerra, p. 30.
220 G. BAZZANI, Soldati italiani, p. 268.
capitolo quinto

