Page 119 - Missione in Siberia - I soldati italiani in Russia 1915-1920
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Gli irredenti fra Omsk e Versailles               117

                                            Il cOmandante suPremO
                      Nell’autunno del 1918 l’emergenza portò alla ribalta un personaggio della
                   casta militare zarista, fino ad allora rimasto lontano dal proscenio. L’uomo era
                   l’ammiraglio Aleksandr Kolchack, un brillante ufficiale che si era guadagnato
                   anni prima una certa celebrità come esploratore polare e che a quarant’anni era
                   stato il più giovane ammiraglio della storia russa. Durante la guerra Kolchack,
                   figlio di un ingegnere ed ingegnere egli stesso, era stato comandante della flotta
                   del Mar Nero e dopo la Rivoluzione, al termine di una peregrinazione dall’Asia
                   sud-orientale al Giappone, era giunto a Vladivostok per unirsi alla guerra contro
                   il bolscevismo. Entrato a far parte del Governo di Omsk come Ministro della
                   Guerra si era gettato nel compito di organizzare una forza armata efficiente,
                   scontrandosi con la corruzione e il caos imperanti.
                      Nell’ottobre del 1918 in qualità di ministro della Guerra, l’Ammiraglio do-
                   vette badare innanzitutto a contenere le dimensioni del disastro militare, appro-
                   fittando della sosta che la stagione fredda aveva imposto all’avanzata nemica.
                      La situazione era grave. Appariva infatti evidente che la posizione del Go-
                   verno di Omsk era stata fortemente inficiata dal collasso delle sue armate di
                   fronte all’offensiva dei rossi. Dacché in una guerra civile la credibilità politica
                   deriva soprattutto dalla forza militare, la sconfitta aveva dissipato istantane-
                   amente gran parte del capitale di fiducia che i bianchi avevano acquisito. Il
                   bandolo della matassa partiva, dunque, dall’esercito.
                      L’Ammiraglio ordinò un’inchiesta sullo stato delle forze armate. I risultati
                   furono sconcertanti, ma tali da spiegare la sconfitta appena subita: ben 160 fra
                   stati maggiori e uffici amministrativi, per lo più privi di funzioni utili, assorbi-
                   vano ad Omsk 2/3.000 ufficiali, quanti ne sarebbero bastati ad inquadrare un’ar-
                   mata e che invece conducevano vita comoda negli alberghi della città. I reparti
                   da inviare al fronte mancavano di tutto, benché i magazzini non fossero affatto
                   vuoti, e non solo di rifornimenti militari. Da una ispezione risultava infatti che
                   molti dei convogli da Vladivostok arrivavano a Omsk pieni di beni di conforto
                   che, con la complicità di molti ufficiali anglo-francesi, andavano ad alimentare
                   il fiorente mercato nero. In mancanza di rifornimenti i soldati si mantenevano
                   rapinando la popolazione delle campagne, dove erano odiati.
                      Non era sorprendente che le diserzioni si moltiplicassero ogni giorno. Un
                   corpo d’armata risultò composto in tutto e per tutto da “60 uomini di cui 24
                   ufficiali”. Né molto migliore era la situazione nelle altre città, dove l’arbitrio
                   dei comandanti locali era pressoché assoluto, come ricorderà anche il capitano
                   Bazzani nelle sue memorie: “Nelle città principali invece i comandanti delle
                   truppe resisi a poco a poco sempre più autonomi, avevano richiamato in vita
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