Page 117 - Missione in Siberia - I soldati italiani in Russia 1915-1920
P. 117

Gli irredenti fra Omsk e Versailles               115
                      In questa situazione molti cominciarono a cercare una figura autorevole ed
                   energica che potesse mettere ordine e che assumesse la guida dell’intero corso
                   della guerra.
                      Un tale passo, che avrebbe significato l’instaurazione di una dittatura mi-
                   litare alla quale tutti i governi, da Archangelsk a Samara, da Chita a Vladivo-
                   stok avrebbero dovuto obbedire, era però molto difficile da compiere, sia per i
                   disaccordi interni al campo anti-bolscevico, sia per le difficoltà opposte dalle
                   potenze Alleate. I giapponesi non avrebbero accettato una soluzione che intral-
                   ciasse i loro programmi in Asia, i francesi, dai quali dipendevano i cechi, non
                   volevano un leader imposto dai britannici, così come questi ultimi non avevano
                   intenzione di incoraggiare soluzioni che non fossero congeniali ai loro interessi.
                   Agli americani, infine, non si poteva chiedere di appoggiare un governo militare
                   autocratico che avrebbe assomigliato poco agli ideali democratici per difendere
                   i quali Wilson aveva condotto e con quale fatica, gli Stati Uniti in guerra.
                      La situazione politica sarebbe rimasta forse ancora a lungo congelata se in
                   ottobre la situazione militare non si fosse aggravata ulteriormente in seguito
                   ad una nuova offensiva dei rossi sul fronte degli Urali che portò il nemico alle
                   porte di Samara. Essa mise in crisi l’appena costituito Governo Panrusso, inde-
                   bolendo così la fazione democratica dell’alleanza bianca e spianando la strada
                   a quella reazionaria. A capo delle truppe rosse sul fronte orientale era ora un
                   giovane ex-ufficiale zarista di origini italo-polacche, appena rientrato dalla pri-
                   gionia in Germania: Michail Tucachevskij.
                      Colto, ambizioso, di calcolata brutalità, Tucachevskij rappresentava l’incar-
                   nazione militare dell’intellettuale nichilista russo di inizio secolo, ma era anche
                   un comandante dotato di fantasia e capacità piuttosto eccezionali.
                      Cosciente che la superiorità sul nemico risiedeva soprattutto nella unità del
                   comando e nelle superiori risorse a sua disposizione, Tucachevskij utilizzò la
                   rete ferroviaria per concentrare grandi quantità di uomini e mezzi in settori limi-
                   tati del fronte, lanciando poi violente offensive a fondo con un inedito uso com-
                   binato della cavalleria e dell’aviazione, convinto che le disorganizzate schiere
                   nemiche non avrebbero saputo approfittare dei vuoti che si lasciava alle spalle
                   o dei tratti sguarniti del suo schieramento, e così fu.
   112   113   114   115   116   117   118   119   120   121   122