Page 128 - Missione in Siberia - I soldati italiani in Russia 1915-1920
P. 128

126                              Missione in siberia

                    Persuaso che il solo argomento che i capitalisti intendessero fosse quello
                 finanziario, il dittatore sovietico decise quindi di giocare, come aveva fatto coi
                 tedeschi, la carta della trattativa economica: avrebbe pagato la salvezza del go-
                 verno bolscevico con generose concessioni commerciali e minerarie. Ordinò
                 quindi a Cicerin il 24 ottobre di mandare una lettera ufficiale al presidente statu-
                 nitense Wilson con la quale ci si mostrava disponibile a discutere la restituzione
                 dei 17 miliardi di debito contratti dalla Russia con le potenze dell’Intesa e di-
                 chiarati nulli dal governo bolscevico nel febbraio 1918. Gli Alleati volevano in
                 cambio le province del Mar Bianco? Il legname della Siberia? Volevano essere
                 pagati in metalli industriali? “Dite francamente how much” concluse Lenin .
                                                                                      227
                    Wilson non rispose alla lettera di Cicerin, ed anzi nei primi giorni di dicembre
                 un contingente britannico occupò Baku, appena abbandonata dagli ottomani.
                     I segnali russi tuttavia proseguirono, stavolta attraverso la Svezia. L’am-
                 basciatore russo a Stoccolma, il futuro Ministro degli Esteri Maxim Litvinov,
                 scrisse il 24 dicembre una seconda e più arrendevole missiva a Wilson chieden-
                 do almeno un incontro. Mentre attendeva una risposta, Lenin fu informato che
                 truppe franco-britanniche erano sbarcate a Odessa. Sembrava che effettivamen-
                 te la politica degli Alleati verso i bolscevichi volgesse al peggio .
                                                                            228
                    In realtà il silenzio del presidente statunitense nascondeva non una decisione
                 ma una indecisione.
                     Il 31 dicembre il Primo Ministro britannico Lloyd George si dichiarò con-
                 trario ad ogni operazione militare in Russia, ma parimenti avverso ad un rico-
                 noscimento del governo sovietico. Il partito bellicista trovò un nuovo puntello
                 con l’arrivo a Parigi di Winston Churchill, grande sostenitore della guerra ai
                 rossi, giunto per prendere parte alla Conferenza di Pace. Foch trovò quindi una
                 sponda per rilanciare il suo progetto di intervento a fianco dei bianchi.  Il 12
                 gennaio 1919 il generale espose nuovamente le basi della crociata contro il bol-
                 scevismo, con una modifica rilevante: a sostenere il peso maggiore sarebbero
                 stati contingenti degli stati appena sorti alla periferia dell’ex-impero zarista:
                 finlandesi, romeni, polacchi, baltici. I cecoslovacchi avrebbero protetto le re-
                 trovie, in primis la transiberiana, assieme a limitati contingenti alleati. Il piano
                 fu nuovamente respinto: Lloyd George, Clemanceau e Orlando ribadirono uno
                 dopo l’altro di non ritenere fattibile una guerra in Russia, né con truppe proprie
                 né con quelle altrui.
                    Lo stesso giorno giunse una terza nota dal governo sovietico, con la quale
                 si ribadiva la disponibilità ad aprire negoziati. Nonostante la decisione appena


                 227  P. MELOGRANI, Il mito della Rivoluzione mondiale, cit., p. 73.
                 228  Ivi, p. 74.


                                                                            capitolo quinto
   123   124   125   126   127   128   129   130   131   132   133