Page 130 - Missione in Siberia - I soldati italiani in Russia 1915-1920
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                 chiudere la questione russa al più presto ed era disposto a discutere coi bolsce-
                 vichi a Prinkipo anche senza i bianchi se necessario, ma se la conferenza fosse
                 fallita, allora avrebbe assecondato un intervento militare se “necessario e fatti-
                 bile”. Detto questo, uscì.
                    Incoraggiato  dall’apertura americana Churchill  si  dette  molto  da  fare  nei
                 giorni seguenti per istituire un comitato permanente a Versailles sulla Russia e,
                 sulla scorta delle parole di Wilson, porre le basi per un intervento militare nel
                 caso che.
                    Ancora una volta, però, non se ne fece nulla. Lord Balfour, ministro degli
                 Esteri, rigettò l’idea di una commissione sulla Russia. Anche la conferenza di
                 Prinkipo naufragò definitivamente, dato che i bolscevichi, che pure vi si erano
                 mostrati disposti, non ottemperavano alla condizione preliminare posta dagli
                 Alleati, ovvero all’interruzione delle ostilità. Condizione invero poco ragione-
                 vole dacché i bianchi, come abbiamo visto, rifiutavano l’idea stessa delle trat-
                 tative .
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                    Wilson, sperando ancora in un accordo in extremis mandò in Russia un pro-
                 prio mediatore personale, che Churchill cita sprezzantemente come “un tale Mr.
                 Bullit”.
                    Il 18 febbraio 1919 William Christian Bullit arrivò in Russia. Addetto all’am-
                 basciata americana a Parigi, Bullit aveva una certa simpatia per i sovietici ed
                 era destinato a diventare uno dei diplomatici di spicco dell’amministrazione
                 Roosvelt come ambasciatore in Francia e, nel 1933, in Unione Sovietica. Giun-
                 to a Mosca l’8 marzo Bullitt incontrò diversi leader sovietici e, soprattutto,
                 Lenin. Era un momento di stasi nella guerra civile, piuttosto favorevole ai rossi.
                 Ma Lenin, ignorando quanto si era deciso, o meglio non deciso, a Versailles,
                 temeva un intervento alleato. Bullit ottenne così una bozza scritta delle propo-
                 ste che essi avrebbero voluto presentare a Prinkipo: in cambio della fine delle
                 ostilità il capo bolscevico era disposto a riconoscere, de facto se non de iure, i
                 governi bianchi .
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                    Era una concessione clamorosa, che getta una luce sulle reali condizioni del
                 potere sovietico nel primo anno dopo la presa del potere. Lenin, come già ave-
                 va fatto per la pace coi tedeschi, era riuscito a imporre la linea della trattativa
                 all’interno del Partito.
                    Tornato a Parigi convinto di aver posto le basi per la fine della guerra civile,
                 Bullit seppe che Wilson non lo avrebbe ricevuto. In quelle stesse settimane, in-
                 fatti, Kolchack sferrava una vigorosa offensiva in Siberia e in Europa scoppiava

                 232  W. CHURCHILL, Crisi mondiale e grande guerra, cit., p. 165.
                 233  P. MELOGRANI, Il mito della Rivoluzione mondiale, cit., pp. 83­84.


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