Page 20 - Missione in Siberia - I soldati italiani in Russia 1915-1920
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18 Missione in siberia
In quegli stessi mesi l’Italia era impegnata nella laboriosa, e segretissima,
trattativa di adesione all’Intesa franco-russo-britannica e le migliaia di prigio-
nieri di lingua italiana in mano russa divennero ben presto uno strumento della
diplomazia russa: lo Zar Nicola II offrì infatti a Vittorio Emanuele III, del cui
matrimonio era stato il sensale, la consegna dei prigionieri che si dichiarassero
di nazionalità italiana .
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Gli italiani presero tempo, l’equilibrio della neutralità non consentiva infatti
di accettare l’offerta, ma la politica interna sconsigliava di rifiutarla del tutto.
La notizia della presenza di prigionieri italiani in mani russe si era infatti già
diffusa ed alimentava, nell’Italia interventista, le più diverse ipotesi: Ricciot-
ti Garibaldi aveva già chiesto al Ministro della Guerra Zupelli che i “12.000
irredenti” venissero fatti confluire, assieme a 6.000 ex-galeotti e altri 10.000
volontari, in una Legione Garibaldina da formarsi in vista di uno sbarco nei
Balcani per accendervi una rivolta anti-austriaca, progetto quest’ultimo peraltro
già coltivato nel 1862 dall’Eroe dei due Mondi .
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Scartata per ovvie ragioni l’opzione neo-garibaldina, la proposta russa ven-
ne vagliata dal giornalista Virginio Gayda, allora a Pietroburgo con funzioni di
rappresentanza informale. Fu di quest’ultimo l’idea di proporre al governo di
Pietrogrado di concentrare i prigionieri italiani in un unico campo, onde poter
meglio organizzarli e raccoglierne le adesioni. L’operazione avrebbe consentito
di guadagnare tempo, in attesa che si potesse riportarli in Italia. Per convincere
le autorità zariste, Gayda si avvalse degli uffici del mercante d’arte Virgilio
Ceccato, assai ben introdotto a corte, e della marchesa Gemma Guerrieri Gon-
zaga, lei pure assidua della corte Romanov .
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Forse anche per facilitare l’esito delle trattative che portarono al Patto di
Londra, i russi acconsentirono al progetto nel marzo 1915, e venne così decisa
la concentrazione degli italiani, che rimanevano de iure pur sempre soldati ne-
cuore della Siberia e ritornati dopo lunghe peregrinazioni, ha costituito un topos frequente nella
letteratura mitteleuropea soprattutto del primo dopoguerra. Oltre ad una vasta memorialistica, in
massima parte in lingua tedesca o magiara, tali vicende sono state al centro di almeno due celebri
romanzi brevi di Joseph Roth: Fuga senza fine e La cripta dei Cappuccini.
5 La complessa vicenda dei prigionieri austroungarici di lingua italiana è ottimamente ricostruita
anche nei suoi aspetti sociali e politicodiplomatici in ANDREA DI MICHELE, Tra due divise.
La Grande Guerra degli italiani d’Austria, Bari, Laterza, 2018. Cfr. anche i duestudi di Simone
Bellezza: I prigionieri trentini in Russia durante la Prima guerra mondiale: linee e prospettive di ri-
cerca, in: Qualestoria, n. 12, giugnodicembre 2014; Tornare in Italia. Come i prigionieri trentini in
Russia divennero italiani (1914-1920), Bologna, Il Mulino, 2016;
6 Lettera di Ricciotti Garibaldi al Ministro della Guerra Zupelli. ACS, CPM, Guerra Europea, B. 25.
7 G. BAZZANI, Soldati italiani nella Russia in fiamme, cit., p.48.
capitolo primo

