Page 24 - Missione in Siberia - I soldati italiani in Russia 1915-1920
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                             Il caMpo dI KIrsanov e la rIvoluzIone dI febbraIo

                    Il nuovo compito della ricostituita Missione Speciale sarebbe consistito nella
                 visita ad una serie di campi di prigionieri nella bassa Russia, fra l’Ucraina e il
                 Volga, alla ricerca di altri irredenti fra i prigionieri austriaci.
                    Il clima però era molto cambiato. Si avevano notizie di campi di prigionieri in
                 Ucraina, soprattutto attorno a Kiev, dove non era stata data la possibilità di aderire
                 agli italiani, i quali anzi ignoravano persino l’esistenza della Missione Speciale.
                    Il 18 ottobre il tenente colonnello Bassignano era stato informato confiden-
                 zialmente dai russi che ogni ulteriore partenza di irredenti dalla Russia era annul-
                 lata: i prigionieri erano necessari in Russia, dove le perdite avevano provocato
                 una forte carenza di manodopera. Tale comunicazione venne udita dal maggiore
                 Tonelli, addetto alla Missione Militare italiana come interprete, ma non ebbe un
                 seguito ufficiale. Essa comunque rispecchiò il successivo svolgersi dei fatti .
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                    Le autorità italiane avevano del resto maturato da tempo il sospetto che i rus-
                 si non incoraggiassero e anzi ostacolassero l’adesione dei prigionieri di lingua
                 italiana, tutto ciò mentre ufficiali serbi e cechi nelle stesse settimane, reclutava-
                 no nei campi decine di migliaia di propri compatrioti, inquadrandoli e armando-
                 li in veri e propri reparti organici, con tanto di bandiera di combattimento desti-
                 nati a combattere al fronte . Da parte italiana, al contrario, si era tassativamente
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                 escluso di mandare a combattere gli ex-prigionieri. Una volta in Italia, infatti,
                 essi sarebbero stati considerati come formalmente appartenenti ad altra nazione,
                 ospiti dello Stato italiano . A questo proposito lo Stesso Comando Supremo era
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                 stato chiarissimo circa il rimpatrio degli irredenti:

                       “A quanto mi consta, sembra che sin ora il provvedimento sia stato limi-
                       tato a quei prigionieri che dichiararono di essere con noi ad ogni rischio e
                       per ogni conseguenza. […] Ritengo invece necessario che i nostri fratelli,
                       che la Russia ci restituisce, sappiano che venendo in Italia, non solo non
                       saranno obbligati ad impugnare le armi contro l’Austria, ma ancora che
                       è nostra ferma convinzione che essi non debbano essere in alcun modo
                       utilizzati nel nostro esercito. Quindi esclusione assoluta di arruolamento.
                       […]
                       Perciò io propongo […] di voler considerare i nostri fratelli che la Russia
                       ci restituisce come fuoriusciti vale a dire come italiani non regnicoli o


                 17  Telegramma del magg. Tonelli al generale Romei del 18­10­1916. AUSSME, E­11, B. 90, fasc. 4.
                 18  A. BIAGINI, La Missione Militare Italiana in Russia, cit., p. 301.
                 19  Su questo punto, come sulla parallela questione dei prigionieri serbi in mano italiana vi fu una
                    schermaglia spinosa nel corso della conferenza interalleata di S. Pietroburgo. GIORGIO PE­
                    TRACCHI, Diplomazia di guerra e rivoluzione, Bologna, Il Mulino, 1974, pp. 71­73.


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