Page 27 - Missione in Siberia - I soldati italiani in Russia 1915-1920
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Gli irredenti e la Missione Militare speciale 25
figlio, ma a quel punto la monarchia era politicamente già del tutto scomparsa.
Nemmeno la Duma e il Governo erano però padroni della situazione, né po-
tevano esserlo, non essendo mai stata la Duma un reale parlamento ma piutto-
sto una camera consultiva dalle prerogative vaghe e soggette all’arbitrio regio.
Dopo la rivoluzione e nel progressivo disfacimento dello stato russo, il potere
reale era sempre più dei Soviet, i Consigli degli operai e dei soldati nati dopo la
rivoluzione e che costituivano l’organo più rappresentativo, anche se disorga-
nizzato, della popolazione cittadina russa.
Dominati dai socialisti rivoluzionari, dai bolscevichi e dai menscevichi, tutti
in disaccordo fra loro, i Soviet non avevano molto in comune con la Duma di
liberali e conservatori ereditata dal regime zarista. Dotatisi di un proprio orga-
no supremo, il Soviet dei deputati, soldati ed operai di Pietrogrado, installato
nello stesso Palazzo Tauride che ospitava la Duma, essi accettarono il governo
di L’vov come soluzione transitoria in attesa di dare alla rivoluzione il suo atto
finale: le libere elezioni, la riforma della proprietà agricola, la pace. Per la gran
parte marxisti ortodossi, i capi dei soviet ritennero che la Rivoluzione dovesse
passare attraverso la fase borghese prima di giungere a quella finale che ne
avrebbe segnato il superamento e il rovesciamento. Sostenevano il Governo
Provvisorio insomma, ma nello stesso modo in cui uno sgabello sostiene il con-
dannato all’impiccagione .
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vIaggIo nella russIa del governo provvIsorIo
Lasciata Pietrogrado nei giorni seguenti, Bacic, Manera e Bazzani ebbero
modo nel loro viaggio verso sud di farsi una idea chiara della situazione in cui
versava la nazione russa . Ai loro occhi la popolazione appariva talvolta inerte
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di fronte al cambiamento di regime, talvolta esaltata al parossismo. I soldati
sembravano piombati in uno stato di ostile torpore, e così pure gli operai e gran
parte dei ferrovieri, che rivolgevano agli italiani occhiate ostili e diffidenti .
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Tutti lavoravano lentamente e con voluta scortesia, e, se l’amministrazione za-
rista era stata inefficiente, quella rivoluzionaria sembrava addirittura incom-
prensibile. Dal canto loro, quel che restava della burocrazia e della gerarchia
militare apparivano impotenti ad arginare il caos.
Giunti infine a Kirsanov i tre italiani si divisero: il maggiore Manera assunse
25 O. FIGES, La tragedia di un popolo, cit., p. 467.
26 G. BAZZANI, Soldati italiani nella Russia in fiamme, cit., p. 95.
27 Ivi, p. 101.

