Page 28 - Missione in Siberia - I soldati italiani in Russia 1915-1920
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                 la direzione del campo dove ora erano concentrati tutti gli italiani, il tenente Baz-
                 zani partì per condurre la ricerca di altri prigionieri di lingua italiana nei campi
                 sul Volga, mentre il tenente Bacic ripartì con analogo compito verso l’Ucraina.
                    Fra questi compiti, senz’altro quello del maggiore Manera era il più gravoso.
                 Il campo di Kirsanov infatti era stato costruito come stazione di transito verso
                 Archangelsk alla fine del 1915, tuttavia, dal momento in cui le partenze erano
                 state interrotte, esso si era trasformato in un vero e proprio luogo di internamen-
                 to, dove erano stati stipati tutti i prigionieri di nazionalità italiana che mano a
                 mano giungevano dai vari campi di prigionia sparsi fra la Russia orientale e la
                 Siberia occidentale.
                    Nel campo, che sorgeva presso Tambov, sul cammino della ferrovia Mosca-
                 Saratov, la vita era dura, sia per l’ostilità della popolazione che per il clima in-
                 clemente, anche se certo la situazione poteva dirsi migliore di quella dei soldati
                 al fronte.
                    Il cibo era costituito da pane, té e minestra, in quantità limitata ma che Baz-
                 zani giudicò tutto sommato sufficiente. Il clima locale era salubre, ma le tempe-
                 rature scendevano l’inverno molti gradi sotto lo zero, e ai prigionieri, perché tali
                 rimanevano in effetti, mancavano quasi del tutto indumenti invernali. Il servizio
                 sanitario del campo in compenso, gestito dagli stessi prigionieri, funzionava
                 abbastanza bene .
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                    Gli ufficiali erano alloggiati in una grande casa privata, in relativa libertà e
                 condizioni discrete, mentre gli uomini di truppa erano soggetti a sorveglianza
                 da parte dei soldati russi, ma senza eccessivo zelo.
                    Cresceva però, col passare del tempo e l’aumentare dei disagi dovuti al cli-
                 ma, al progressivo sovraffollamento e l’insofferenza degli uomini, ai quali la
                 promessa di un pronto rimpatrio da parte del Governo italiano aveva fatto ma-
                 turare speranze ed entusiasmi che potevano volgersi facilmente in delusione e
                 abbrutimento.
                    È da considerare inoltre che lo status degli italiani di Kirsanov era obbietti-
                 vamente difficile a definirsi, prima di tutto per loro stessi. Non erano più soldati
                 né cittadini, asburgici, tuttavia non avevano ancora la cittadinanza italiana; allo
                 stesso tempo non erano più prigionieri, ma rimanevano assoggettati ad un regi-
                 me di sorveglianza e privazione della libertà. Infine, essi erano tutt’ora privi di
                 una gerarchia interna che non fosse quella dei loro vecchi reparti austriaci, dei
                 quali avevano conservato l’uniforme.
                    Manera provvide a dare al campo una maggiore organizzazione, a migliorare
                 i rapporti con le autorità russe e ad integrare, nei limiti del possibile, il vitto.



                 28  G. BAZZANI, Soldati italiani nella Russia in fiamme, cit., p. 114.

                                                                             capitolo primo
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