Page 32 - Missione in Siberia - I soldati italiani in Russia 1915-1920
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                 te crisi proprio sulla questione del rapporto con l’Intesa. Essendo la pressante
                 richiesta dall’opinione pubblica quella della pace, L’vov aveva lanciato a tutti i
                 belligeranti un appello con il quale si chiedeva la “pace senza annessioni né ripa-
                 razioni”, un ritorno cioè allo status quo del 1914. In un secondo momento però,
                 tanto le pressioni degli Alleati che la fredda accoglienza degli Imperi Centrali
                 avevano spinto il Governo ad una rovinosa marcia indietro, che lo aveva portato
                 il 20 aprile a riaffermare la volontà di proseguire la guerra al fianco dell’Intesa.
                    La reazione dei soldati di Pietrogrado fu violenta, e ben presto la città fu in
                 preda a reparti ammutinati che stringevano d’assedio tanto il Palazzo Marinskij,
                 sede del Governo provvisorio, che lo stesso Palazzo Tauride sede della Duma.
                 Fu solo l’inerzia del Soviet di Pietrogrado che salvò il Governo Provvisorio. Di
                 fronte alla responsabilità del potere, che avrebbe rimesso nelle loro mani la que-
                 stione della pace con la Germania, i rivoluzionari esitarono, la tensione scemò,
                 complice anche un temporale, e i cortei si dispersero.
                     Increduli di fronte tanta fortuna i membri del Governo Provvisorio decisero
                 allora un allargamento della propria base, accogliendo dei membri dei partiti
                 rivoluzionari, cacciando il ministro degli Esteri monarchico Miljukov, e confe-
                 rendo al menscevico Aleksandr Kerenskij, già ministro della Giustizia, il Mi-
                 nistero della Guerra. Per ora, l’adesione della Russia all’Intesa era salva, Ke-
                 renskij era infatti il principale sostenitore del principio per cui la democrazia e
                 la vittoria sulla Germania erano parti inseparabili di una stessa vicenda storica:
                 l’una non sarebbe stata possibile senza l’altra.
                    Egli cercò da subito di proporsi come l’alfiere di un socialismo patriotti-
                 co e occidentale. Al congresso pan russo dei Soviet del giugno 1917 Lenin
                 propose l’arresto dei più rappresentativi capitalisti russi, venendo avversato da
                 Kerenskij e Plechanov con l’argomento che una simile misura non aveva nulla a
                 che fare col socialismo e molto con le tirannie asiatiche . Il consiglio applaudì,
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                 ma nelle campagne e al fronte il disgregarsi dell’autorità dello stato rendeva le
                 parole di Lenin molto più intonate alla realtà .
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                    Il nuovo ministro cominciò una fitta serie di ispezioni al fronte, miranti a
                 consolidare il suo controllo sull’esercito e la sua immagine di uomo forte della
                 nazione. Vestito in una divisa da ufficiale con gli stivaloni ma senza spalline,
                 che sarà poi copiata da Stalin, Kerenskij parlava ai soldati, conferiva con i ge-
                 nerali, incontrava i rappresentanti dei soviet, i feriti negli ospedali: per tutti una
                 parola di gratitudine e l’esortazione a confidare nel futuro. Portava un braccio


                 36  V. SEBESTYEN, Lenin, cit., p. 279.
                 37  ERNST NOLTE, La guerra civile europea 1917-1945. Nazionalsocialismo e bolscevismo, Mila­
                    no, Rizzoli, 1997, p. 53.


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