Page 34 - Missione in Siberia - I soldati italiani in Russia 1915-1920
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                    Kerenskij era effettivamente un uomo intelligente e non privo di abilità poli-
                 tica, ma anche ambizioso, diffidente e ondivago; tendeva ad accentrare a sé un
                 gran numero di questioni, alle quali però non dava risposte definitive, disorien-
                 tando i suoi stessi alleati .
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                    A Pietrogrado non si era ancora spento l’eco delle fucilate di luglio che dal
                 fronte arrivarono notizie pessime: la sconfitta aveva fatto crollare anche le ri-
                 manenti speranze di vittoria e assieme ad esse anche gran parte della presa del
                 patriottismo sul popolo russo.
                    Minacciato dalla crescente impopolarità, Kerenskij cercò di appoggiarsi al-
                 ternativamente alla sinistra e alla destra, rivolgendosi con accenti radicali ai
                 Soviet, e cercando al contempo di tranquillizzare i diplomatici dell’Intesa sulla
                 possibilità e la volontà della Russia di continuare a combattere. Sentendo va-
                 cillare il suo potere però, nessuno dei suoi interlocutori si fidò . Dirà di lui
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                 Winston Churchill:
                        “Era uno di quei capi pericolosi in tempi di rivoluzione, che tentano sem-
                       pre di sorpassare gli estremisti per tenerli a freno, ed assicurano agli ele-
                       menti moderati e leali che solo essi conoscono il modo di domare la belva.
                       […] Vi era un limite al di là del quale Kerenkij non intendeva andare: una
                       volta raggiuntolo, egli era pronto a resistere. Ma quando alla fine si rivol-
                       tò per combattere, si trovò a non avere più né armi né amici” .
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                    Sempre più isolato, pur non del tutto convinto che l’opposizione di sinistra
                 fosse stata battuta per sempre, Kerenskij cominciò a temere che a destra potesse
                 sorgere qualcuno in grado di portargli via il potere .
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                    Le gerarchie militari russe non dismettevano infatti una profonda diffidenza
                 per lui, rimproverandogli l’indisciplina e la confusione in cui erano ridotte le
                 forze armate. Principale causa dell’avversione dei militari era stata l’abolizione
                 della pena di morte, appoggiata da Kerenskij quando era Ministro della Giusti-
                 zia nel tentativo di guadagnare la fedeltà dei soldati, ma risoltasi nell’indeboli-




                 43  E. BETTIZA, Il mistero di Lenin. Per un’antropologia dell’Homo bolscevicus. Milano, Rizzoli,
                    1983, p. 272.
                 44  “Sono i mesi in cui la politica, provvisoria a tutti gli effetti, del governo di Krensky, disorientato
                    dalla contrastanti pressioni degli alleati che vogliono la guerra e dalle masse che con Lenin in­
                    vocano la disfatta, contribuisce anch’essa a dissolvere quel che resta della società frantumata e
                    demoralizzata”. Ivi, p. 153.
                 45  W. CHURCHILL, Crisi mondiale e grande guerra, 1911-1922. Volume quarto, Milano, Il Sag­
                    gista 1968., pp. 67­68.
                 46  H. CARRERE D’ENCAUSSE, Lenin, pp. 209­210.


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