Page 225 - Missioni militari italiane all'estero in tempo di pace (1861-1939)
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216 MARCO CUZZI
Celeste impero (26 ottobre 1866), che tra l'altro apriva quindici porti all'approdo
dei mercantili italiani e autorizzava l'invio a Pechino di un rappresentante diplomatico
del governo di Firenze(1).
La sconfitta del 1895 aveva scatenato le potenze europee in una concorrenza
con il Giappone per accaparrarsi lembi del territorio di quello che, come l'Impero
ottomano, veniva definito il "gigante malato": la Russia occupò Port Arthur e la
penisola di Liao-Tung (già conquistati dalle truppe nipponiche e poi cedute da
Tokio a San Pietroburgo non senza difficoltà); la Francia estese la sua influenza
sullo Yu-Nan e sulla baia di Kuang-Chou, mentre Londra si garantì il controllo
dello Che-Kiang e del promontorio di Wei-Hai-Wei. Sovente le occupazioni
venivano giustificate dalle aggressioni, anche efferate, che società segrete cinesi
d'ispirazione nazionalista e anti-cristiana compivano contro gli agenti di commercio
e i religiosi europei: fu in nome di una difesa dei suoi missionari che anche la
Germania aveva intrapreso l'occupazione militare della città di Kiao-Chou e
della penisola dello Shan-Tung, completando di fatto l'accerchiamento della baia
di Tien-Tsin, il porto di Pechino.
Le notizie delle aggressioni contro gli europei e dell'occupazione tedesca dello
Shan-Tung giunsero quindi anche a Roma. Nel corso della seduta del 16 febbraio
1898 il deputato crispino Santini presentò un'interrogazione al Ministro degli
Esteri del governo Di Rudinì, Emilio Visconti Venosta: "Per conoscere quale
attitudine abbia assunto o intenda assumere il Governo italiano di fronte agli attuali
e gravi avvenimenti nell'Estremo Oriente, specie nei riguardi della politica commerciale
internazionale, conseguenza delle vittorie dell'impero del Giappone contro la
Cina"(2). Il compito di rispondere fu affidato al sottosegretario agli Esteri, l'esponente
della destra rudiniana conte Bonin-Longare: "Una cura speciale per la protezione
dei nostri connazionali" dichiarò l'esponente del governo "ci era imposta dalla
possibilità che gli ultimi avvenimenti avessero segnato un risveglio nel fanatismo
delle plebi cinesi. Ed a tale ufficio di tutela che con maggiore urgenza ci si imponeva,
il Governo del Re ha provveduto inviando nei mari della Cina il Regio incrociatore
Marco Polo" (3) • Ma oltre all'azione di deterrenza e di polizia Bonin ricordava che
era intenzione del governo italiano intensificare i rapporti commerciali con l'Impero
di mezzo: "Anzi possiamo affermare che quella potenza, la quale per propria
negligenza si trovasse completamente esclusa da quei traffici, ne risentirebbe grave
iattura e troverebbe compromesso lo sviluppo avvenire del proprio commercio.
Convinto di questo, il Governo del Re si terrà scrupolosamente guardingo contro
ogni politica di avventure ( ... ) ma porrà ogni sua cura nel promuovere ed aumentare
lo incremento (sic) dei nostri scambi con gli Stati dell"'Estremo Oriente".
l?interpellante si dichiarò tuttavia solo parzialmente soddisfatto: "Le dichiarazioni
dell'onorevole Bonin a proposito dei nostri commerci mi appagano" affermò
nella sua replica l'esponente della sinistra crispina "Ma io dico che il commercio
non è tutto: l'Italia deve farsi valere là nell'Estremo Oriente anche per la sua