Page 227 - Missioni militari italiane all'estero in tempo di pace (1861-1939)
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218 MARCO CUZZI
avvicendamento per molti aspetti sorprendente: Visconti Venosta venne sostituito
dall'ammiraglio Felice Napoleone Canevaro, già comandante delle forze interna-
zionali a Creta, energico sostenitore della politica di potenza e della funzione
talassocratica di una nazione marittima come l'Italia. Il "nuovo corso" della politica
cinese dell'Italia si esplicitò nel dicembre successivo, durante il dibattito per il
bilancio degli Affari Esteri, allorché il deputato Santini aprì la discussione con una
vera e propria dichiarazione programmatica della maggioranza in merito alle vicende
dell'Impero di mezzo, il quale da alcuni anni veniva sfruttato con "usurai a prepotenza"
da diverse nazioni. "Noi ( ... ) è dolorosa confessione codesta, a tutto quel febbrile
movimento ci siamo quasi del tutto disinteressati, che non può davvero chiamarsi
efficace intervento la presenza in quei paraggi di una unica nave da guerra,
quando tutte le altre potenze, ed Inghilterra e Germania e Russia e Francia, con
alterna vece vediamo spingersi, proprio con Iena affannosa, ad occupare e rade e
porti aprendosi sbocchi e vie attraverso l'immenso continente, senza avere noi
occupato neppure un lembo di terra od un approdo qualunque, ciò che sarebbe
stata e sarebbe tuttora facile impresa"(7). l?iniziativa evocata dall'esponente della
maggioranza non tardò ad esplicitarsi. Alla fine del 1898 Canevaro inviò a
Pechino l'ex Ministro d'Italia a Tokio, De Martino. Il nuovo rappresentante aveva
ricevuto chiare istruzioni dal governo italiano: si trattava di individuare, con l'ausilio
del comandante Incoronato del Marco Polo, una zona della costa cinese da occupare
similmente a quanto era stato effettuato dalle altre potenze europee. Individuata
nella baia di San-mun, nella provincia di Che-kiang, la possibile area dove stabilire
una presenza italiana, De Martino iniziò una lunga e infruttuosa trattativa informale
con il governo di Pechino. Il Ministro d'Italia, condividendo la linea inflessibile
del nuovo titolare della Consulta, richiese a Roma l'invio di una divisione navale
che occupasse la baia e ponesse il governo imperiale dinanzi al fatto compiuto,
similmente a quanto fatto dalle altre potenze.
Il governo Pelloux inviò quindi, a sostegno dell'iniziativa diplomatica di De
Martino, soltanto la nave Etna, che andò ad affiancarsi nel mar Giallo al Marco
Polo: la divisione navale richiesta dal Ministro d'Italia non era disponibile essendo
gran parte della flotta impegnata nelle note vicende di Creta. De Martino avrebbe
dovuto accontentarsi dei due natanti: in pratica, il rinforzo navale da un Iato non
intimorì minimamente il governo imperiale, dall'altro ne irrigidì le posizioni e ne
irritò gli animi. Ai primi di marzo 1899 De Martino incontrò ufficialmente i rappre-
sentanti del Celeste impero esponendo formalmente i desiderata italiani: il governo
cinese respinse qualsiasi richiesta del diplomatico. La domanda venne quindi
ripresentata dal Ministro italiano per mezzo di un atto scritto ufficiale, e nuovamente
la richiesta venne respinta dal governo di Pechino il quale addirittura non rispose
neppure al documento italiano: "Il Governo cinese", avrebbe scritto il capitano
Tosti nella nota ricostruzione della spedizione italiana in Cina "non solo rifiutava
all'Italia qualsiasi trattativa, ma usava con noi un contegno ben diverso da quello