Page 231 - Missioni militari italiane all'estero in tempo di pace (1861-1939)
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222 MARCO CUZZI
Visconti-Venosta?"(I9). L'onorevole Angelo Valle, cri spino, riprese immediatamente
la questione di San-mun e la vicenda De Martino, riassumendo con arguzia e
talvolta sarcasmo alcuni episodi, come ad esempio l'invio del secondo natante a
sostegno del Marco Polo: "( ... ) quei rinforzi" disse Valle "e l'invio del nostro rappre-
sentante non hanno dato fin qui risultati pratici, ma fornita, anzi, ragione ai
mandarini cinesi, i quali stimano molto l'Italia come maestra di civiltà e di progresso,
ma la temono poco nel senso militare. ( ... ) La nostra politica, dunque, nell'Estremo
Oriente, può riassumersi in una consumazione di carbone, il risultato della quale
fu il fumo scappato via dai camini delle nostre navi"(20). Per il deputato crispino,
quindi, l'unica speranza per vedere salvaguardati gli interessi italiani nel Celeste
impero l'avrebbe potuto fornire un'azione di forza di grande portata, unico strumento
che avrebbe spinto il governo di Pechino ad accordarsi con Roma. Cintervento
del repubblicano-legalitario Salvatore Barzilai, oratore di punta dell'estrema sinistra,
riassunse la posizione delle opposizioni istituzionali relativamente alla politica
estremo-orientale. Cesponente repubblicano sollevò in primo luogo quello che
sarebbe divenuto un comune denominatore delle posizioni dell'estrema sinistra
sulla vicenda, la richiesta della pubblicazione di un "Libro Verde" che raccogliesse
tutti i documenti diplomatici corrispondenti e permettesse alla Camera di avere
tutti gli elementi necessari per formulare un giudizio su quanto accaduto e soprattutto
per definire una futura strategia. Cavere "chiuso la bocca", come ebbe a dire
Barzilai, all'ex Ministro Canevaro mediante la sua defenestrazione non esimeva il
suo successore dall'obbligo di dare alla Camera tutti gli elementi del caso. Nel
frattempo, sia l'oratore che altri deputati si erano informati sull'evoluzione in
Cina attraverso i più svariati dispacci internazionali. Dai documenti pubblici
esaminati da Barzilai, emergeva il disordine della politica estera italiana e il
pressapochismo dei suoi rappresentanti: "Il Governo italiano ( ... ) ha fatto quello
che voi, onorevoli colleghi, sapete; cioè un bel giorno ha mandato a Pechino
quella tale nota che fu pubblicata integralmente sul Times di Londra, e nella quale
chiedeva come caposaldo l'affitto della baja di San-mun e l'esclusività degli interessi
nella provincia del Che-Kiang, cioè, in lingua povera l'occupazione di quella
provincia". Cerrore di forma, ma quindi anche di sostanza, era stato per l'esponente
dell'opposizione imperdonabile: "I Cinesi possono consentire spesso alla sostanza
delle pretese europee, ma vogliono salvata la forma, la faccia, come essi dicono
nel loro stile. Essi quindi poterono consentire alle grandi potenze la domanda
capziosa di assicurare loro l'inalienabilità di certe porzioni di territorio, inaliena-
bilità che vuoi dire in sostanza, per chi la richiede, l'occupazione per conto proprio,
ma insorsero sempre contro domande pari alla nostra, che la stessa Inghilterra
doveva trovare eccessiva: l'occupazione di una provincia"(21). Carrivo nel mar
Giallo di una seconda nave da guerra italiana quasi contestualmente alla presen-
tazione della nota aveva mandato "in un parossismo di collera" l'imperatrice, e
l'aveva portata a respingere la richiesta italiana senza neppure una risposta (che