Page 235 - Missioni militari italiane all'estero in tempo di pace (1861-1939)
P. 235

226                                                           MARCO  CUZZI

             dell'Italia  pregiudicata  dagli  errori  governativi.  Rivolto  ai  banchi  del  governo,  il
             politico piemontese non poté trattenersi da una delle sue abituali critiche pungenti
             in merito alle  contraddizioni più volte  ripetute e ai  tentativi  di  Pelloux  di  giusti-
             ficare, in modo invero piuttosto maldestro, le differenze di posizione tra i suoi due
             governi: "Quando un capo di Governo parla di onore e dignità della nazione, non
            gli è lecito fare delle sottigliezze!,,(35). I.;intervento di Giolitti convinse Barzilai, alla
             ricerca dei voti dei liberai-democratici, a correggere l'ordine del giorno eliminando
             dal testo il riferimento al Libro Verde ma mantenendo la richiesta di un chiarimento
             sugli  opposti indirizzi  di  politica estremo-orientale.  A quel  punto,  Pelloux  chiese
             sull'ordine  del  giorno  un  voto  di  fiducia.  Dinanzi  a  una  presa  di  posizione  così
             energica, si  concluse  il  dibattito con  le  dichiarazioni di  voto.  Intervennero Bonin
             per la  destra  rudiniana,  Fortis  per  la  sinistra  crispina  e  Fortunato  per il  centro
             sonniniano, tutti a favore del governo, seppure con differenze talvolta anche stridenti.
             I rudiniani apprezzavano la  scelta attuale del governo, che respingeva l'avventura
             coloniale; Alessandro Fortis vedeva nella penetrazione commerciale un rilancio della
             politica di potenza del Crispi: "Noi abbiamo voluto semplicemente che l'Italia non
             si  appartasse  dal  movimento  che  porta  le  altre  nazioni  Europee  verso  l'Estremo
             Oriente e questo concetto continuerà, io ritengo, ad informare la politica italiana,,(36);
             il  centrista  Giustino  Fortunato infine,  pur dichiarandosi  contrario  all'ordine  del
             giorno  dell'estrema  sinistra,  criticava  il contestuale  voto  di  fiducia  richiesto  dal
             governo. Per quanto riguarda gli altri gruppi, Giolitti non volle forzare lo scontro
             ed evitò di  schierarsi con le  opposizioni sul  tema della fiducia,  dichiarando la sua
             astensione;  tuttavia  egli  non  risparmiò  al  governo  un'ennesima  critica:  "Debbo
             notare con gran dolore" disse  durante la dichiarazione di  voto l'ex Presidente del
             Consiglio "la confusione estrema che regna in quest'Aula per quanto si attiene alla
             politica estera.  Abbiamo sentito i difensori più decisi  della  politica coloniale e gli
             avversari più accaniti di questa politica trovarsi d'accordo nell'approvare la politica
             del  Governo  (  ... ) Sono  due  giorni  che  il  Governo  spiega,  e  appunto  dopo  tali
             spiegazioni non se  ne capisce più nulla"(37).  Per l'estrema sinistra prese la parola il
             socialista Andrea Costa con un durissimo attacco al governo in tutte le sue espressioni:
             "Votiamo contro il  Governo per la sua politica estera e per la sua politica interna.
             La sua politica estera è spavalderia e umiliazione; la sua politica interna è reazione;
             i due termini si conciliano!"(38). I.;esito della votazione, scontato, vide l'ordine del
             giorno  Barzilai  respinto  per  168  voti  contrari  contro 54  favorevoli  (tra  i  quali
             alcuni  membri  della  maggioranza quali  Bonacci e Carlo Di  Rudinì)  e 21  astenuti
             (in  pratica tutto il gruppo Giolitti-Zanardelli).
                 Nei mesi successivi la Camera concentrò la sua attenzione sul braccio di ferro
             tra la maggioranza e le opposizioni e sull'ostruzionismo dell'estrema sinistra contro
             l'ennesimo tentativo autoritario di  Pelloux.  Ormai impossibilitata a deliberare, la
             Camera venne  sciolta dal monarca e furono  indette nuove elezioni, che vennero
             convocate per il 3 e il  10 giugno 1900, quasi contestualmente al  precipitare degli
   230   231   232   233   234   235   236   237   238   239   240