Page 234 - Missioni militari italiane all'estero in tempo di pace (1861-1939)
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LA PARTECIPAZIONE ITALIANA ALLA SPEDIZIONE INTERNAZIONALE CONTRO I BOXER... 225
trattative sono finite, e allora non capisco che cosa stiano a fare le nostre navi
nei mari della Cina, quando ci costano milioni"(30). Il giorno successivo la discussione
ripartì nuovamente dall"'affare De Martino" per voce del padre del diplomatico,
l'onorevole Giacomo che, pur aderendo al gruppo rudiniano e quindi alla maggioranza
governativa, si distinse dalle scelte compiute dal dicastero degli Esteri per evidenti
motivi familiari. La difesa del figlio iniziò con l'ennesima richiesta della pubbli-
cazione del "Libro Verde" che avrebbe potuto "assolvere" il Ministro d'Italia dalle
accuse lanciategli soprattutto dal predecessore del Visconti Venosta. Il deputato
proseguì associandosi alla critica verso il metodo utilizzato circa la richiesta di "un
diritto che costituiva un vero protettorato, una quasi sovranità" sopra una provincia
"che equivale a un regno"(31). A proposito dell'ultimatum, De Martino smentì
clamorosamente Canevaro e in generale la linea tenuta dalla Consulta: "Quello
che posso dichiarare" affermò il padre del diplomatico "è che l'ordine di ultimatum
fu dato dal Ministro degli Affari Esteri al Ministro in Cina". Il Ministro d'Italia
quindi fu incaricato dalla Consulta e, dinanzi all'irrigidimento cinese (e britannico)
fu dalla Consulta sconfessato(32). L'intervento di De Martino diede dunque un
ulteriore segnale di quanto confusa, contraddittoria e financo oscura fosse la politica
cinese del regno d'Italia, e si concludeva domandandosi il senso della presenza di
cotanto naviglio da guerra nel mal' Giallo, dato che il governo non voleva più
perseguire una politica para-coloniale. La risposta di Visconti Venosta, il 13 dicembre
successivo, fu chiara: "( ... ) per un criterio di cui spero la Camera mi lascerà la
responsabilità, nella situazione che si era creata in Cina dopo gli ultimi incidenti
(le sempre maggiori aggressioni agli stranieri colà residenti - NdA), non ho creduto
opportuno, per qualche tempo, né opportuno, né prudente di ritirare le navi"(33).
Nel frattempo l'offensiva parlamentare dell'estrema sinistra si risolse nella presen-
tazione di un ordine del giorno da parte di Barzilai e di altri deputati repubblicani,
socialisti e radicali: "La Camera, mettendo a raffronto le recenti dichiarazioni del
Gabinetto sulla Cina, con quelle che affermavano compromesso l'onore nazionale
dal ritiro della navi dal mal' Giallo, invita il Governo a giustificare gli opposti
indirizzi di politica seguiti nell'Estremo Oriente, mediante la pubblicazione del
Libro Verde" (34). Il Ministro intervenne immediatamente affermando che il governo
non riteneva opportuna la pubblicazione in quel momento dei documenti diplomatici
poiché questa avrebbe rischiato di compromettere le iniziative private degli operatori
commerciali italiani nel Celeste impero. Nella replica, Barzilai dichiarò che l'ordine
del giorno sarebbe stato mantenuto in quanto esso tendeva a chiarire la contrad-
dizione tra la politica del governo Pelloux-Canevaro e quella del governo Pelloux-
Visconti Venosta sulla stessa questione. Giolitti riassunse con una certa efficacia i
motivi della volontà governativa di non pubblicare i documenti diplomatici:
"Evidentemente, se il Libro Verde si potesse pubblicare, senza che l'Italia facesse
una cattiva figura, sarebbe già stato pubblicato". Quindi, concluse Giolitti, l'onorevole
Barzilai avrebbe fatto bene a ritirare l'ordine del giorno per salvaguardare un'immagine