Page 435 - Missioni militari italiane all'estero in tempo di pace (1861-1939)
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DALLE MISSIONI MILITARI DELI.'HOO AL "PEACEKEEPING" - ANALOGIE E CONTINUITÀ 425
fiduciario della Somalia. Pur nel pieno della ricostruzione post-bellica, l'Italia, assai
scarsa di risorse, inviò un consistente contingente militare, e fece bene. l?obiettivo
avrebbe dovuto essere la conservazione e lo sviluppo di interessi post-coloniali
in quel territorio, cooperazione economica e sociale, assistenza e controllo
dell'apparato militare sOl11alo, e quanto altro possibile. Tutti sappiamo come è
andata a finire, anzi, come non è ancora finita e come, in tempi recenti, per
conto dell'ONU, abbiamo voluto rappresentare la parte di primi protagonisti
peacekeeper in un intervento da cui ci siamo dovuti ritirare, con perdite, senza
alcun vantaggio, con dubbi sul nostro comportamento e deteriorando i rapporti
col nostro principale alleato.
Le nostre missioni di peacekeeping e di interventi umanitari ci hanno portato
in molte regioni. La nostra politica estera o umanitaria ha spinto le nostre Forze
Armate un po' dovunque, senza forse fare troppo caso ai limiti delle nostre risorse
e delle nostre capacità d'intervento militare. Cominciammo ad andare nei mari
del Sud-est asiatico a ripescare i boat-people vietnamiti senza che nessuno ce l'avesse
chiesto o che fosse necessario. Siamo andati dal Mozambico a Timor Est, abbiamo
navigato nel golfo Persico a difesa della libertà di navigazione, siamo in Kosovo
e in Bosnia, siamo andati a far guerra all'Iraq, ci siamo insediati in Albania, siamo
in Libano e in mal' Rosso, l'Adriatico è divenuto un bacino di prova di resistenza
per i materiali delle nostre navi, siamo stati con i carabinieri in Cambogia e con
i finanzieri lungo il Danubio, abbiamo tanta voglia di andare in Sierra Leone e nel
Congo e chissà dove altro.
Le Forze Armate italiane hanno fatto e fanno miracoli, sono state tra le migliori
e talvolta le migliori in assoluto, adempiendo inoltre ai loro obblighi NATO e
UEO. I riconoscimenti morali, formali e verbali non mancano.
Dal punto di vista storico è facile vedere assonanze e somiglianze con le nostre
precedenti missioni all'estero. Direi che queste, al di là delle guerre combattute,
sono ormai diventate una costante della nostra storia militare. Però lasciatemi
dire, ed è questo il problema che voglio sollevare, anche il velleitarismo e le
ambizioni della nostra politica estera non sono cambiate.
Un tempo volevamo ritenerci una grande potenza, pensiamo ancora di
esserla seppure nei termini oggi possibili: siamo soci fondatori dell'UE e della
NATO nonché dell'OSCE e di quant'altro, facciamo parte del G-8, siamo membri
dell'ONU con ambizioni di prima grandezza, siamo una grande potenza commerciale
- teniamo presente la differenza fra commerciale ed economica, che si tende sempre
a dimenticare -, siamo fra i maggiori contribuenti delle Nazioni Unite e i nostri
militari sono il secondo contingente in termini numerici impegnato nelle operazioni
multinazionali sotto egida ONU. Rivendichiamo riconoscimenti e influenze.
Le nostre missioni militari all'estero della storia più recente hanno superato
per numero e intensità quelle. di tutti i periodi precedenti, ricordati in questo
Convegno. Purtroppo la realtà politica è rimasta quella di sempre. Ha imposto un