Page 436 - Missioni militari italiane all'estero in tempo di pace (1861-1939)
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             diffuso  presenzialismo militare  poco  coerente  con la  condizione reale  del  Paese  e
             con  le  capacità  del  suo  apparato  militare.  Continua quindi  a  tormentarci  questo
             disequilibrio tra ambiziosi obiettivi di  politica estera e di  presenza internazionale e
             limiti dell'organizzazione e dell'economia militare. Troppi impegni contemporanei,
             troppa dispersione  delle  forze  terrestri,  navali  e aeree che se  concentrate in  una
             o  al  massimo due aree  di  crisi  avrebbero dato, darebbero,  maggior consistenza e
             importanza all'intervento italiano.
                 Abbiamo  usurato  prima  del  tempo  una  flotta  intera,  per  mettere  in  campo
             poco più  di  9.000 uomini, sa  l'Esercito che  difficile  impegno ha  dovuto mettere
             per addestrare ed equipaggiare convenientemente i reparti destinati alle missioni,
             l'Aeronautica  ha  avuto  i suoi  problemi  a  rischierare  reparti  organici  d'impiego.
             Ma questo sarebbe nulla, si sarebbe potuto, e si  potrebbe, fare  anche  di  più, se  la
             politica  questo  volesse,  però almeno  cosciente  che  lo  strumento  militare,  che  si
             vuole pronto ed efficiente, ha una continua esigenza di rinnovarsi e di essere tenuto
             a punto. Altrimenti si  va  incontro solo a brutte figure.
                 La  funzione  militare  del  futuro,  almeno  quello  prevedibile,  è  quello  degli
             interventi  oltre  confine  e  oltremare:  bisogna  allora  attrezzarsi  perché  le  Forze
             Armate,  intese  come  un  unico  organismo  integrato,  siano  primariamente  uno
             strumento  di  proiezione.  Se  non  si  decide  in  questa  direzione,  la  politica  non
             raggiungerà i suoi obiettivi.  E mi  sembra che  questo sia ampiamente dimostrato:
             siamo dovunque, ma le nostre aspettative di concreti riconoscimenti internazionali
             e di  acquisizione di  posizioni d'influenza politica e d'interesse economico, vanno
             di  regola  delusi.  Gettando sui  piatti  della  bilancia  delle  relazioni  internazionali
             propositi,  supponenze  e velleità  e nessuno  o  pochi  elementi  di  credibile  valore
             concreto, poco si  ottiene.  CosÌ  come  poco si  ottiene  inviando  in  missione  forze
             militari,  senza  che  queste  avvertano  alle  loro  spalle  il  consenso  e  il  sostegno
             convinto  dell'intero  sistema-Paese,  l'esistenza  di  precisi  obiettivi  nazionali  da
             conseguire,  la  conoscenza  diffusa  nell'opinione  pubblica  di  quello  che  fanno  e
             dei  loro problemi.
                 Non mi  sembra che dai  tempi degli  avvenimenti  trattati dal Convegno, al  di
             là  del  racconto  e della  valutazione degli  avvenimenti  militari,  alle  realtà  di  oggi,
             le situazioni di fondo si siano molto modificate, pur facendo salve alcune differenze
             del  quadro  sul  riferimento  generale.  lo credo  che  indagando  bene  sul  contorno
             politico  e sul  ritorno  di  convenienza  degli  eventi  ricordati  nel  Convegno,  vi  sia
             sostanza concreta su  cui  meditare per valutare e comprendere oggi  molti  aspetti
             delle missioni peacekeeping. Questo diviene ancora più importante quando gli Stati
             Uniti, unica grande potenza esistente, affermano che per loro è troppo dispendioso
             impiegare  forze  cosÌ  addestrate  e  tecnologicamente  avanzate,  per  fare  interpo-
             sizione  di  polizia,  interventi  umanitari,  prestare  assistenza  e  soccorso,  dividere
             litiganti,  fare  i peacekeeper.  Loro  dicono:  "lo  faccia  qualche  altro",  e guardano
             verso l'Europa. E non credo che per questo rinuncino ai  loro interessi e influenze
             sui  territori  posti sotto tutela.
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