Page 66 - Missioni militari italiane all'estero in tempo di pace (1861-1939)
P. 66
58 TIBERIO MORO
segue: Appendice 1
Il primo ambasciatore mi disse allora che ci avrebbe pensato, e che mi darebbe
un'acconcia risposta nella visita che intendeva farmi.
Difatti, tre giorni dopo, cioè il 19 corrente, ebbi la visita degli ambasciatori
e del loro seguito.
Gli ambasciatori sono tre. Sono accompagnati da un'interprete giapponese
che parla l'olandese, e un poco il francese, dal sig. Blekman olandese di nazione,
che fa pure le funzioni di interprete, giovane colto ed intelligente che parla il
giapponese l'olandese ed il francese; da varii consiglieri e segretari tutti giapponesi.
I membri tutti della Legazione italiana erano presenti a questa visita.
Invitai gli ambasciatori ed il loro seguito a sedersi, e domandai al primo
ambasciatore se aveva seriamente riflettuto a quanto io aveva avuto l'onore di
comunicargli per parte del governo del Re.
Mi rispose che aveva pensato seriamente, che anzi aveva già riferito al suo
governo; che ne scriverebbe ancora, e che aveva domandato che dal Giappone gli
si mandasse una risposta, la quale sarebbe stata comunicata al governo del Re, che
pensava che questa risposta sarebbe giunta in Europa prima che essi tornassero al
Giappone giacché la loro missione doveva durare circa un anno; che da questa
risposta si sarebbe saputo se il trattato poteva negoziarsi dagli ambasciatori stessi,
ovvero della missione italiana che sarebbe andata al Giappone. Ringraziai il primo
ambasciatore dell'impegno da lui messo a scrivere subito al suo governo. Soggiunsi
che il governo del Re avrebbe atteso questa risposta; ch'io non dubitavo che il
governo giapponese avrebbe accolto la nostra dimanda; che l'Italia aveva l'abitudine
di essere trattata dappertutto sullo stesso piede che le altre grandi nazioni di Europa;
che non vi era ragione per cui al Giappone fosse altrimenti; che la missione
italiana sarebbe stata spedita sia per negoziare il trattato, sia per portare le
ratifiche quando il trattato potesse negoziarsi in Europa; che onde la missione fosse
accolta al Giappone allo stesso modo che quella delle altre grandi nazioni d'Europa,
il Governo del Re avrebbe cura di mandarla nelle medesime condizioni e cioè su
legni da guerra della Regia Marina Italiana.
A queste parole l'ambasciatore si affrettò di rispondere assicurandomi che la
missione italiana, sarebbe accolta al Giappone come quella delle più grandi potenze
europee e coi medesimi onori.
Avendo l'ambasciatore di nuovo accennato alle difficoltà insorte al Giappone,
per l'applicazione dei trattati, io gli dissi che gli inconvenienti da lui designati
difficilmente si verificherebbero rispetto all'Italia, e ch'io ero per contro convinto
che un trattato d'amicizia di commercio e di navigazione, tra l'Italia ed il Giappone,
anziché essere sorgente di difficoltà era d'utilità ed interesse pei due paesi.
Gli ambasciatori dopo ciò presero commiato.
Dopo aver reso conto all'E.V. del modo con cui esegui le istruzioni ricevute
intorno a questo argomento, non mi resta che a manifestarle l'impressione in me
lasciata da quella conversazione.