Page 254 - La rappresentazione della Grande Guerra nel concorso della Regina Elena del 1934
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            DINA BELLOTTI (ALESSANDRIA, 1913 – ROMA, 2003)
            Frequentò a sedici anni l’Accademia Albertina di Torino dove studiò con Marcello Boglione, maestro di Tecniche delle in-
            cisioni. Il suo esordio artistico fu al concorso della Regina Elena. Espose poi in due successive edizioni della Biennale di Ve-
            nezia nel 1938 e 1940 e dal 1935 al 1940 alla Promotrice di Belle Arti a Torino. Sul finire degli anni Trenta, nel 1938, prese
            parte alla Esposizione d’Arte italiana Contemporanea tenuta alla Kunsthalle di Berna. Negli anni Cinquanta andò a vivere a
            Roma e nella Capitale raggiunse la notorietà con i ritratti di alti prelati tra i quali il cardinale Ratzinger e i pontefici Montini
            e Wojtyla. Dina Bellotti fu così la prima donna le cui opere siano entrate a far parte della Collezione d’Arte Moderna del Va-
            ticano.

            NINO BERTOLETTI (ROMA, 1889 – IVI, 1971)

            Iniziò a dipingere a quindici anni come autodidatta. A venti anni esordì all’Esposizione Nazionale di Belle Arti a Rimini e
            l’anno successivo, nel 1911, presentò una sua opera in occasione della Mostra del Cinquantenario dell’Unità d’Italia nel nuovo
            palazzo della Galleria d’Arte Moderna di Valle Giulia a Roma. Successivamente entrò in contatto con il gruppo di artisti
            modernisti tra cui Duilio Cambellotti. Uomo colto, ebbe come amici Luigi Pirandello, Francesco Trombadori, Antonio Bal-
            dini, Ardengo Soffici e Giorgio de Chirico cui dedicò un ritratto. Nel 1927 espose nel gruppo Dieci artisti del Novecento Italiano
            presentato da Margherita Sarfatti alla XCII Esposizione degli Amatori e Cultori di Belle Arti di Roma. L’anno dopo partecipò
            alla Biennale di Venezia e nel 1935 alla Quadriennale di Roma. Nel corso degli anni Trenta sue opere furono presentate a
            Oslo, Atene, Helsinki, Stoccolma e Berlino. Nel secondo dopoguerra prese parte alla VII Quadriennale Nazionale d’Arte di
            Roma che si aprì nel novembre 1955.


            LUIGI BIANCHI BARRIVIERA (MONTEBELLUNA, TREVISO, 1906 – ACILIA, ROMA, 1985)
            Giovanissimo, profugo con la sua famiglia dopo Caporetto, visse prima a Reggio Emilia e poi a Firenze. Nel capoluogo to-
            scano studiò e perfezionò la tecnica dell’incisione che rimase la sua principale forma espressiva nel campo artistico, pur non
            rinunciando a cimentarsi nella pittura. Dopo una sua prima personale a Venezia nel 1929 presso l’Opera Bevilacqua La Masa,
            tornò a Firenze per perfezionare nell’Accademia di Belle Arti la propria formazione professionale. Negli anni Trenta aggiunse
            al suo cognome, ritenuto troppo comune, quello della madre: Barriviera. Molto intensa fu in quel periodo la sua partecipazione
            alla vita artistica italiana e europea: nel 1934 una sua opera, un’incisione, ispirata alla Roma imperiale vinse il primo premio
            e fu acquistata dalla Calcografia nazionale; successivamente espose a Budapest e a Parigi. Negli ultimi anni Trenta si recò
            prima in Libia al seguito di una missione archeologica promossa da Amedeo di Savoia e poi in Eritrea per esporre ad Asmara.
            Durante la Seconda guerra mondiale fece parte del gruppo dei pittori di guerra, abbandonando così, sia pur temporaneamente,
            la sua modalità di comunicazione preferita. Nel 1971 ottenne dal presidente Giuseppe Saragat, in riconoscimento della sua
            pluriennale attività artistica, la Medaglia d’Oro della Repubblica Italiana ai benemeriti delle arti e della cultura.


            ANGELO BIANCINI (CASTEL BOLOGNESE, 1911 – IVI, 1988)
            A diciotto anni andò a Firenze e qui studiò all’Istituto d’Arte con lo scultore Libero Andreotti, animatore dell’ambiente cul-
            turale cittadino, dedicandosi dapprima alla maiolica poi alla scultura; con una sua opera in bronzo, nel 1934, vinse a Roma
            la sezione Scultura dei Littoriali. Nello stesso anno partecipò con successo al concorso “La Guerra e la Vittoria” ed espose
            per la prima volta alla Biennale di Venezia. Artista ormai stimato e conosciuto, realizzò nel 1935 a Roma una statua per lo
            Stadio dei Marmi, poi l’anno successivo a Lavezzola, vicino Ravenna, la statua della Vittoria alata del monumento ai caduti.
            Stabilitosi a Laveno - Mombello, dal 1937 al 1940 tornò a dedicarsi alla terracotta impegnandosi anche nella formazione di
            giovani ceramisti e per il rilancio della Società Ceramica Italiana con la quale vinse un premio della Triennale di Milano.
            Scelto ormai questo tipo di produzione artistica, si trasferì a Faenza a insegnare all’Istituto d’Arte della città. Nel secondo
            dopoguerra tornò alla scultura e realizzò molte opere in memoriam tra le quali il ritratto di Grazie Deledda e di altre personalità
            della cultura. Nel 1975 eseguì ad Alfonsine, Ravenna, il monumento alla Resistenza, uno dei più grandi in Italia, in occasione
            del XXX anniversario della Liberazione.
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