Page 179 - Scenari Sahariani - Libia 1919-1943. La via italiana alla guerra nel deserto
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La Difesa DeL sahara Libico (1940-1943)
a
L’inizio dell’offensiva della 10 Armata modificò la missione delle tre pattuglie
della LRPU, lanciate separatamente in una serie di incursioni in profondità a
carattere diversivo sfruttando anche l’inattesa copertura di una tempesta di
sabbia che bloccò a terra i temuti ricognitori italiani. La pattuglia “W”, a cui
era aggregato l’ufficiale “intelligence” del reparto, il capitano Kennedy Shaw,
attaccò gli avamposti e la pista di atterraggio di Auenat, venendo ben presto
affiancata in questo compito dalla pattuglia “R”, mentre la pattuglia “T” operava
più a nord, lungo le vie di comunicazione per Cufra, spingendosi fino all’oasi
di Gialo e ai margini della fascia costiera per seminare di mine gli itinerari più
battuti. Queste incursioni, che si susseguirono fino a tutto novembre, pur senza
ottenere risultati eclatanti valsero a creare un clima di allarme, anche perché
il dispositivo difensivo italiano, nonostante il contributo dell’aeronautica, aveva
evidenti difficoltà nell’ingaggiare un nemico elusivo e inafferrabile.
L’ultimo di questi attacchi fu opera della pattuglia “W” il mattino del 1°
dicembre e venne lanciato contro il posto d’acqua di Ain Gazala, ai piedi del
Gebel Auenat. Il piccolo presidio lamentò sei feriti ma riuscì a contenere l’attacco
e i neozelandesi si dileguarono nel deserto sfuggendo all’infruttuosa caccia di
due Ca.309 decollati da Cufra che non ne trovarono traccia. È questa, come
sottolinea Romain H. Rainero, l’unica citazione nel diario storico del Comando
Supremo riferibile al debutto operativo della LRPU. Effettuate a una distanza di
10
quasi 1300 chilometri dalla base di partenza e in un ambiente naturale quanto mai
ostile, nel loro insieme queste azioni di disturbo furono poi un prezioso banco
di prova per uomini, mezzi e procedure, creando le premesse per operazioni di
più ampia portata in vista delle quali l’organico sarebbe stato presto aumentato,
moltiplicando il numero delle pattuglie.
Rientrato al Cairo in novembre, Bagnold ottenne il permesso di reclutare
rd
volontari per altre tre pattuglie, la “G”, costituita attingendo ai ranghi del 3
nd
Battalion Coldstream Guards e del 2 Battalion Scot Guards, agli ordini del
capitano Michael Crichton Stuart, la “Y”, composta da uomini dei reggimenti di
cavalleria Yeomanry, eredi dei volontari a cavallo del XVIII secolo, in larga parte
affittuari e fattori dei proprietari terrieri, agli ordini del capitano P.J.D. MacCraith,
e la “S”, South Rhodesia, composta da agricoltori e coloni provenienti dall’attuale
Zimbabwe. Anche in questo caso la scelta dell’elemento umano era mirata: le
guardie si distinguevano nell’esercito britannico non solo per la disciplina ma
anche per la prestanza fisica, mentre gli “yeomen” e i coloni della Rodesia del
Sud condividevano lo stesso tipo di formazione e di esperienza dei neozelandesi.
Proprio questi ultimi videro però scendere il numero delle loro pattuglie da tre
a due, con lo scioglimento della pattuglia “W”, deciso su pressione di Freyberg
10 R. H. RAINERO, Il Sahara Italiano op. cit., p. 81.
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