Page 177 - Scenari Sahariani - Libia 1919-1943. La via italiana alla guerra nel deserto
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La Difesa DeL sahara Libico (1940-1943)
aggiunsero alcune Ford 15-cwt come veicoli comando, furono appositamente
modificati montando balestre più resistenti, eliminando cabine di guida e
portiere, sistemando sui radiatori i condensatori per il recupero dell’acqua e
installando un armamento costituito da una combinazione di mitragliatrici
Lewis e Vickers e fucili controcarro Boys. L’elevata potenza di fuoco, insieme
alla grande mobilità, era destinata a diventare la caratteristica peculiare di questi
reparti che, ufficialmente costituiti il 5 luglio 1940 con la denominazione di Long
Range Patrol Unit (LRPU), alla metà di agosto erano pronti a entrare in azione.
Ogni pattuglia contava una Ford 15-cwt e 10 autocarri Chevrolet 30-cwt, con un
organico di 2 ufficiali e 28 uomini di truppa. Le prime tre, identificate come “R”,
“T” e “W”, erano agli ordini di un ufficiale neozelandese, il capitano Donald
Gavin Steele, che nella vita civile era un agricoltore, e di due ufficiali britannici
con un passato di esplorazioni nel deserto libico-egiziano, il già noto capitano
Patrick Clayton e il pari grado Edward Cecil Mitford, un ufficiale di carriera
a
proveniente dai ranghi della 7 Divisione Corazzata.
All’inizio di agosto Clayton, con sei uomini montati su due Ford partì per una
prima ricognizione intesa sia a confermare la praticabilità dell’itinerario attraverso
il Gran Mare di Sabbia, sia soprattutto ad accertare le intenzioni degli italiani in
relazione alle possibilità operative offerte dall’oasi di Cufra. Dopo la morte di
Italo Balbo a Tobruk il 28 giugno, il comando delle forze italiane in Libia era
stato affidato al maresciallo d’Italia Rodolfo Graziani, un ufficiale con un passato
coloniale di tutto rispetto la cui conoscenza dei luoghi e dell’ambiente faceva
temere possibili pericolose iniziative verso il Nilo. La piccola pattuglia si pose
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in osservazione lungo la pista che da nord andava a Cufra ma non rilevò tracce
di movimenti recenti né trovò alcun indizio di eventuali intenzioni offensive. La
stessa missione di ricognizione venne replicata su più ampia scala intorno alla
metà di settembre, ancora una volta senza incontrare alcun segno di attività, e
soprattutto senza alcun contrasto da parte dei reparti sahariani italiani. Bagnold
non poteva sapere che Lorenzini si trovava ora nell’Africa Orientale Italiana,
al comando di una brigata indigena, e che buona parte dei “sahariani” erano
stati richiamati a nord, nell’ambito del dispositivo che si apprestava ad attaccare
l’Egitto.
Come è noto, i comandi italiani avevano concentrato il grosso delle forze a
nord, in Marmarica, per un’avanzata verso Sollum e Sidi el-Barrani, richiamando
in quella direzione all’inizio di luglio anche il grosso del Battaglione Sahariano,
la sola unità totalmente motorizzata ed equipaggiata con criteri moderni per la
guerra nel deserto. Nel Sud sahariano erano rimasti reparti vincolati a compiti
di guarnigione, con la sola eccezione della Compagnia Sahariana Cufra, la cui
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