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Scenari Sahariani – Libia 1919-1943 “La via itaLiana aLLa guerra neL deserto”


            necessari: «A tutti i capi di dipartimento e di branca. Desidero che ogni richiesta
            avanzata dal maggiore Bagnold venga immediatamente soddisfatta senza porre
            domande».  Da parte sua Wavell, dopo aver letto il documento, fece solo due
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            domande, chiedendo come sarebbe entrato in Libia e se truppe non indigene
            sarebbero state in grado di operare con efficacia nell’ambiente del deserto. Alla
            prima Bagnold rispose che la via più diretta era quella attraverso il Gran Mare di
            Sabbia, da lui già percorsa più volte, quanto alla seconda, si trattava di trovare il
            giusto tipo di uomo.

               Con non più di sei settimane di tempo a sua disposizione, tante ne aveva
            concesse il comandante in capo, Bagnold doveva agire in fretta. Cominciò così
            con il raccogliere i suoi vecchi compagni di escursioni nel deserto, a cominciare
            da Kennedy Shaw, nel 1940 curatore del museo di Gerusalemme, e da Clayton,
            impegnato  in  rilievi  topografici  in  Tanganika,  entrambi  immediatamente
            richiamati in servizio con il grado  di capitano, e grazie  all’aiuto di Wavell,
            ottenne dal generale Bernard Fryberg, il carismatico comandante della divisione
            neozelandese, il permesso di reclutare volontari tra i suoi uomini. A prima vista
            questa scelta poteva e può sembrare strana, la verde Nuova Zelanda nulla ha
            in comune  con l’arido  Sahara,  ma il materiale  umano era adatto allo scopo.
            Molti dei neozelandesi erano cresciuti come contadini e allevatori nei grandi
            spazi di quel lontano Dominion, piccoli proprietari abituati a cavarsela da soli,
            con un’autonomia e una maturità che i loro coetanei inglesi in generale non
            possedevano, avevano dimestichezza con i motori e gli automezzi e anche dal
            punto di vista della prestanza fisica erano decisamente superiori. Infine, forse
            perché cresciuti ai confini dell’impero, avevano una consapevolezza delle sue
            dimensioni globali, anche dal punto di vista economico, che ne rafforzava la
            determinazione, nonostante in termini di disciplina potessero lasciare a desiderare
            e fossero in genere poco inclini a servire sotto ufficiali britannici.

               Al centro di addestramento di Abassia, nelle vicinanze del Cairo, affluirono
            in breve i primi volontari, tra i quali furono selezionati 2 ufficiali e 85 uomini di
            truppa, ma più complesso fu recuperare i veicoli e gli equipaggiamenti necessari,
            a  cominciare  dalle  bussole,  magnetiche  e  solari,  e  dai  sestanti,  per  finire  agli
            autoveicoli. Alla fine la scelta cadde sull’autocarro Chevrolet 30-cwt, un mezzo
            da una tonnellata e mezza a due ruote motrici, soluzione preferita alle quattro
            ruote motrici in ragione della meccanica meno complessa e dei consumi più
            bassi. Bagnold riuscì a recuperarne 20 dall’esercito egiziano e ad acquistarne
            altri 14 presso un rivenditore di Alessandria.  Questi 34 automezzi, ai quali si
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            6   R. A. BAGNOLD, Sand, Wind and War. Memoirs of  a Desert Explorer, Tucson, The University
               of Arizona Press, 1990, p.125.
            7   J. W. GORDON, Dietro le linee di Rommel op. cit., p. 81.


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