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Scenari Sahariani – Libia 1919-1943 “La via itaLiana aLLa guerra neL deserto”


            comunicazione. Il 19 dicembre 1914 il governatore della Tripolitania, tenente
            generale Luigi Druetti, decise di ritirare verso la costa i presidi dell’interno, ma
            l’inizio del movimento fece precipitare la situazione soprattutto nella Sirtica e nel
            Gebel. All’inizio di febbraio Druetti fu convocato a Roma, dove tratteggiò un
            quadro a tinte fosche dichiarando che gli sarebbe stato possibile tenere soltanto la
            costa tra Zavia e Homs, oltre alle teste di ponte di Zuara, Misurata e Sirte, e solo
            a patto di ottenere ingenti rinforzi che il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito,
            tenente generale Luigi Cadorna, non era disposto a concedere.

               Il 5 febbraio 1915, mentre si trovava a Roma, Druetti venne sostituito dal
            parigrado Giulio Cesare Tassoni il quale non poté fare altro che prendere atto del
            divampare della rivolta e nel contempo, in risposta alle pressioni del Ministero
            delle Colonie, diramare un ordine del giorno con cui stabiliva che qualunque
            ripiegamento avrebbe dovuto essere da lui espressamente autorizzato, e che le
            località  occupate  dovevano  essere  tenute  a  ogni  costo.   Questa  disposizione,
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            che concretizzava i peggiori timori di Cadorna, irrigidiva un sistema che, già
            fortemente sollecitato, era ai limiti di rottura, e fu tra le cause dei disastri che
            seguirono. Nel frattempo, allo scopo di alleggerire la pressione e mantenere il
            controllo di quella che nei documenti era definita la “zona vitale della Colonia”,
            Tassoni  organizzò  in  aprile  due  grandi  operazioni  di  polizia  coloniale,  nella
            Ghibla e nella Sirtica, che si conclusero l’una con un pesante rovescio allo Uadi
            Marsit l’8 aprile, l’altra con il disastro di Gasr Bu Hadi, dove il 29 dello stesso
            mese una colonna forte di 2700 regolari, nazionali, eritrei e libici, e 3200 irregolari
            libici, agli ordini del colonnello Miani, fu duramente battuta e costretta a ritirarsi
            in disordine su Sirte.
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               Questi  fatti,  oltre  a  mettere  in  luce  il  comportamento  infido  delle  bande
            arruolate  localmente  –  tra  le  quali  aveva  avuto  buon  gioco  la  propaganda
            senussita – e ad alimentare un clima di paura e di sospetto che non favoriva certo


            8   Ivi, p. 67.
            9   Miani aveva avuto la massima libertà d’azione nell’organizzare la sua colonna e, nell’intento
               di valorizzare l’elemento indigeno associandolo all’azione contro gli insorti, aveva costituito
               cinque bande irregolari con uomini di Sliten, Misurata, Msellata, Orfella, Tarhuna – per un
               totale di 3000 armati a piedi e 220 a cavallo – affiancandole alle forze regolari di cui disponeva
               (un battaglione del 2° Reggimento Bersaglieri, due compagnie del 63° Reggimento Fanteria, il
               XV Battaglione Eritreo, il III Battaglione Libico, due compagnie del IV Battaglione Libico, una
               batteria italiana, una batteria indigena, uno squadrone savari, un plotone meharisti). Quando
               il mattino del 29 aprile si accese il combattimento, le bande in larga parte defezionarono o
               si dispersero, gettando lo scompiglio nella colonna i cui reparti regolari persero quasi il 50%
               degli effettivi, oltre a tutta l’artiglieria. I superstiti ripararono a Sirte, dove si verificò anche
               un violento scontro tra gli eritrei del XV e un migliaio di irregolari che, nel tentativo di
               ricongiungersi ai resti della colonna, vennero ritenuti ostili e accolti da un violento fuoco di
               fucileria.


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