Page 33 - Scenari Sahariani - Libia 1919-1943. La via italiana alla guerra nel deserto
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Controguerriglia e Controllo del territorio

                     Nella controinsurrezione l’iniziativa è tutto. Se il nemico deve reagire a quello
                  che fate, voi controllate l’ambiente. […] Se siete voi a reagire al nemico, anche se
                  ne uccidete o ne catturate un gran numero, allora è lui che controlla l’ambiente,
                  e alla fine perderete. […] Non vi fate attirare in operazioni di tipo puramente
                  reattivo.
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               La razzia si inquadrava in questo scenario, e non era certo una novità per
            una  campagna  coloniale.  Il  generale  Thomas  Robert  Bugeaud,  governatore
            generale d’Algeria dal 1841 al 1847, nell’affrontare il suo compito con spietata
            determinazione aveva adottato la razzia come brutale strategia di controguerriglia.
            Campi bruciati, frutteti distrutti e villaggi devastati segnarono in quegli anni il
            passaggio delle colonne francesi, in uno scenario di violenza e di morte che
            andava ben oltre le contro-razzie di Mezzetti. L’impostazione di Bugeaud, le cui
            tecniche di controguerriglia molto dovevano all’esperienza fatta in Spagna da
            giovane ufficiale della Grand Armée, e l’impostazione di Mezzetti, avevano però
            in comune l’aspetto di guerra economica, mirante a privare l’avversario delle
            risorse necessarie per continuare la lotta. Il generale Boniface de Castellane, che
            come Bugeaud si era guadagnato sul campo le spalline da ufficiale ed era stato
            brevemente in Algeria tra il 1837 e il 1838, aveva sottolineato a sua volta questo
            concetto  per  evidenziare  la  necessità  della  razzia  nella  lotta  a  un  avversario
            elusivo e sfuggente:
                     In Europa nel momento in cui si ha il controllo di due o tre grandi città, si
                  ha il controllo del paese, ma in Africa cosa si può fare con una popolazione il cui
                  unico legame con la terra è rappresentato dai picchetti delle loro tende? L’unica
                  soluzione è prendere il grano che la nutre, le greggi che la vestono. Per questa
                  ragione facciamo la guerra ai granai, la guerra al bestiame, facciamo la razzia.
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               Nonostante la cosiddetta scuola francese enfatizzasse il ruolo di amministratore
            del soldato, un ruolo che proprio Bugeaud aveva introdotto coniando il motto
            “con  la  spada  e  con  l’aratro”  e  ipotizzando  un  progetto  di  colonizzazione
            sostenuto dalla realizzazione di grandi opere civili, il tema della razzia sarebbe
            rimasto attuale, rientrando a pieno titolo tra gli strumenti utilizzati in Marocco,
            tra il 1903 e il 1925, anche dal generale Louis Hubert Lyautey, considerato non a
            torto il costruttore dell’impero coloniale francese in Nord Africa.

               Il  significato  economico  della  razzia,  e  la  valenza  che  questa  aveva  nella
            cultura delle popolazioni locali, soprattutto di quelle nomadi, non era sfuggito
            a Mezzetti, che la definì come “manifestazione dell’attività militare e politica
            di quegli indigeni che non  riconoscono  la  nostra  autorità”. Diretta in  primo
            luogo contro quelli che invece la riconoscevano, e mirata principalmente alla
            cattura del bestiame, all’epoca la vera ricchezza della maggior parte dei libici,


            12   D. KILCULLEN, Counterinsurgency op. cit., p. 48.
            13   D. PORCH, Wars of  Empire, London, Cassel & Co., 2001, p. 46.


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