Page 37 - Scenari Sahariani - Libia 1919-1943. La via italiana alla guerra nel deserto
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Controguerriglia e Controllo del territorio

                  al fronte chiediamo insistentemente di tornare per non abbrutirci come i nostri
                  quattrocento dipendenti! 16
               L’orgoglio  del  “trincerista”,  già  emerso  nel  racconto  dell’incontro  con
            Mezzetti  a  Zuara  pochi  mesi  prima,  sottolineava  l’insoddisfazione  per  un
            “insabbiamento” che lo condannava all’inattività e alla monotonia di giornate
            sempre  uguali,  ma  se  questa  era  la  situazione  in  Tripolitania,  non  molto
            diverso era il quadro che si presentava in Cirenaica. Qui, l’interno era sotto il
            controllo dei senussi, confraternita religiosa di stretta osservanza islamica che,
            con l’espandersi della penetrazione europea in Nord Africa, aveva acquistato
            progressivamente un carattere sempre più politico, fornendo una struttura di
            riferimento alla resistenza. Nel 1914 dalla regione di Cufra, nella Libia orientale,
            l’influenza della Senussia si estendeva a larga parte del Sahara centro-orientale,
            appoggiandosi alle zawiyas, o logge, impiantate nelle oasi, soprattutto in quelle che
            erano importanti centri carovanieri. Dopo una serie di aspri scontri e un fallito
            tentativo di invadere l’Egitto nel 1915, nell’aprile del 1917 era stato raggiunto ad
            Acroma un accordo con i britannici e gli italiani. Questo accordo, nel lasciare
            all’Italia i principali ancoraggi e le pianure costiere della Cirenaica, aveva gettato
            le basi per una tregua destinata a durare per diversi anni, contribuendo a dare
            al  governo  di  Roma  libertà  d’azione  in  Tripolitania  quando  fosse  venuto  il
            momento di riprendere l’iniziativa.
               Ristabilire il controllo sulla Libia avrebbe richiesto uno sforzo incompatibile
            con le esigenze della guerra, ma quando questa finì le cose cambiarono. Per
            riaffermare  il  ruolo  dell’Italia  e  rilanciare  le  sue  ambizioni  nel  Mediterraneo,
            uomini e mezzi furono inviati a Tripoli già all’inizio del 1919, ma i progetti di
            espansione furono rinviati a causa dei problemi creati in Italia dal processo di
            smobilitazione  e  più  in  generale  da  un  problematico  dopoguerra,  arrivando
            invece in giugno a un accordo con i capi ribelli che diede vita a una difficile
            convivenza. Il 1920 e il 1921 videro però un progressivo deterioramento della
            situazione, con ripetute aggressioni ai presidi italiani e il riaccendersi del conflitto
            tra  arabi  e  berberi  sul  Gebel  Nefusa.  Presto  questi  ultimi  furono  costretti  a
            cercare ancora una volta rifugio nella zona di Zuara, sotto la protezione italiana.
            Incomprensioni e diffidenze reciproche svuotarono di significato gli accordi del
            1919, già frutto di un compromesso di non facile attuazione e poco gradito a
            entrambe le parti.

               Fu l’ultimo governo liberale, quello presieduto da Luigi Facta, a rompere gli
            indugi. Dopo aver rioccupato Misurata Marina in gennaio, togliendo così agli
            insorti della Tripolitania l’unico sbocco al mare, tra la primavera e l’estate del
            1922 le truppe italiane, costituite in larga parte da battaglioni eritrei e ausiliari

            16   P. CACCIA DOMINIONI, 1915-1919 op. cit., p. 331.


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