Page 41 - Scenari Sahariani - Libia 1919-1943. La via italiana alla guerra nel deserto
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Controguerriglia e Controllo del territorio
Già nel febbraio del 1919, nonostante la disponibilità di ingenti forze nazionali,
a Gargusa e Zavia furono utilizzate prevalentemente reparti coloniali. L’8 febbraio,
a Gargusa, per respingere i ribelli che tentavano di interrompere i lavori di
riattamento della linea ferroviaria Tripoli-Azizia, Mezzetti impiegò due battaglioni
eritrei, XIII e XV, la banda irregolare berbera di Jusuf Kerbisc, una compagnia
mitragliatrici, uno squadrone di cavalleria e un gruppo di artiglieria da montagna
nazionali, una batteria d’artiglieria libica, un gruppo spahis e la banda a cavallo di
Zuara. L’elemento nazionale consisteva quindi soprattutto di reparti che potremmo
definire a maggior contenuto tecnologico, con il compito di garantire la necessaria
potenza di fuoco, mentre le pedine di manovra erano eritree o libiche, queste ultime
costituite in prevalenza da armati berberi. Nello scontro, che fu tra i più significativi
di quel periodo, si distinsero particolarmente non solo il XIII Battaglione Eritreo,
al tempo comandato da un ufficiale del carisma e delle capacità del maggiore Pietro
Maletti, ma anche il gruppo irregolare di Jusuf Kerbisc e la batteria libica. Le forze
di Mezzetti riuscirono a evitare di farsi aggirare, allungando nel senso della fronte
il loro schieramento, e a passare poi al contrattacco disperdendo gli avversari che
lasciarono sul terreno 80 morti e un centinaio di feriti a fronte dei due morti e dei
55 feriti lamentati dagli italiani. Due giorni dopo, a Zavia, esito analogo ebbe un
ulteriore tentativo degli insorti di interrompere i lavori della ferrovia: presi in una
morsa tra il distaccamento Maletti, composto dal XIII Battaglione Eritreo, una
batteria da montagna e un drappello di spahis, e il resto della colonna Mezzetti, si
sbandarono lasciando sul campo oltre 200 morti.
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Questi due successi, che ribaltavano la situazione a livello psicologico
restituendo agli italiani l’iniziativa, non avrebbero avuto seguito nell’immediato a
causa delle trattative in corso, ma non si poteva disconoscere che entrambi molto
dovevano all’azione dei reparti indigeni, così come del resto era avvenuto l’anno
prima intorno a Zuara. Non c’è quindi da sorprendersi se, nella primavera del
1922, le operazioni che portarono al controllo della pianura costiera della Gefara
e crearono le premesse per il ritorno sul Gebel Nefusa videro ancora una volta
eritrei e libici in un ruolo di primo piano. La colonna agli ordini del colonnello
Rodolfo Graziani, un altro ufficiale destinato a distinguersi in colonia come
comandante abile e determinato, era infatti costituita da due battaglioni libici, I e
VI, dal IV Battaglione Eritreo, dallo squadrone meharisti e dai 1000 uomini della
banda irregolare del notabile berbero Jusuf Kerbisc; con il successo ottenuto a
Giosc il 12 giugno, fu questa colonna ad allontanare una volta per tutte le mehalle
degli insorti dalla Gefara. Il combattimento si svolse secondo il più classico
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18 O. MEZZETTI, Guerra in Libia op. cit., p. 35-40.
19 A. BOLLATI, Enciclopedia dei nostri combattimenti coloniali, Torino, Giulio Einaudi Editore,
1936, p. 186.
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