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Scenari Sahariani – Libia 1919-1943 “La via itaLiana aLLa guerra neL deserto”


            di avvicinamento ai pozzi di Suani el-Kurdi, iniziata il 2 giugno muovendo da el-
            Uotia, era stata tormentata dal ghibli, il vento caldo del deserto che aveva portato
            la temperatura a sfiorare i 50° C, e le tragiche vestigia della disastrosa ritirata dei
            presidi di Fassato (Giado) e di Giosc, una colonna di 1400 uomini sterminata più
            dalla disorganizzazione e dalla sete che dal nemico tra il 6 e il 10 luglio 1915,
                                                                                     27
            aveva ricordato a tutti quello che poteva essere il loro destino:
                     La stagione era già molto avanzata e il caldo incombeva. La paurosa memoria
                  del passato proiettava la triste sua ombra sulla via da seguire. Una colonna, costituita
                  per intero da nazionali, partita da Giado, mal condotta, peggio equipaggiata, senza
                  riserve idriche al seguito, pur sapendo il comandante che i pozzi che avrebbero
                  incontrati erano quasi asciutti, premuta alle reni da pochi ribelli resi audaci da
                  queste precarie condizioni, era stata distrutta dalla sete intorno ai pozzi di Gsur
                  Gaddu ed el-Hamra, privi d’acqua.
                     Scene selvagge di reciproca uccisione, suicidi e casi di pazzia, si erano svolti
                  nella tragica giornata. Rotto ogni vincolo organico, la colonna aveva disseminato
                  di morti la sua strada. Ma ancora, da sette anni, parte di quelle ossa rimanevano a
                  biancheggiare al sole. 28
               Il ricordo di quella vicenda permetteva implicitamente a Graziani di motivare
            la preferenza accordata alle truppe indigene rispetto alle nazionali, e di ribadire
            l’importanza  di  una  puntuale  organizzazione  di  marcia,  fondata  sulla  scelta
            dell’itinerario, dettata anche dalla disponibilità di adeguate fonti d’acqua, e sulla
            protezione della carovana dei rifornimenti, di vitale importanza non solo per
            l’operatività ma anche per la sopravvivenza stessa della colonna, un tema su
            cui sarebbe tornato in seguito più volte nel commentare le operazioni che lo
            avrebbero avuto come protagonista:
                      Una delle maggiori difficoltà per il comandante di colonna che marcia verso
                  un obbiettivo, è la scelta della strada, quando le carte non permettono di poterla
                  intuire.
                     Si va allora verso l’ignoto. Un errore nella scelta della direzione può essere
                  esiziale. Una stretta difficile che sbarri l’accesso al posto d’acqua e che sia difesa
                  dall’avversario in posizione favorevole può apportare la disfatta.
                     Una colonna in movimento, specie nelle zone desertiche, rassomiglia molto
                  ad  una  nave  in  alto  mare.  La  sua  esistenza  dipende  unicamente  dalla  propria
                  organizzazione, che le assicura i viveri e soprattutto l’acqua, quando si sappia di
                  non poter fare assegnamento su pozzi efficienti. Allora la difesa del convoglio
                  costituisce, si può dire, l’obiettivo principale.



            27   Il presidio di Giado Fassato era costituito da un battaglione del 37° Reggimento Fanteria,
               forte di 840 uomini, quello di Giosc da due compagnie sotto organico del 6°, per un totale di
               380 uomini. Oltre ai fanti, nelle due località vi erano anche distaccamenti di artiglieri, genieri
               e carabinieri che portavano la forza complessiva a circa 1400 uomini. Solo 250 superstiti
               arrivarono a Zuara il mattino del 10 luglio.
            28   R. GRAZIANI, Verso il Fezzan op. cit., p. 64.


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