Page 51 - Scenari Sahariani - Libia 1919-1943. La via italiana alla guerra nel deserto
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Controguerriglia e Controllo del territorio
esploranti e gli informatori avessero localizzato formazioni armate ostili. Questa
mobilità aveva come premessa un migliore supporto sanitario, una rivisitazione
dell’equipaggiamento individuale, alleggerito sostituendo lo zaino con un capace
tascapane, e l’uso dei muli per portare il poco che era necessario, in quanto le
colonne volanti dovevano vivere sul territorio. Nessun ingombrante treno di
carriaggi e di artiglieria, nessuna scorta di foraggio, e gli unici cannoni al seguito
sarebbero stati i due pezzi di piccolo calibro della sezione someggiata. In questo
modo Bugeaud, solito ripetere che “in Africa ci si difende muovendosi”, riuscì a
strappare l’iniziativa all’avversario, a tenerlo sotto pressione e a spingersi con le
sue forze in zone in precedenza mai battute.
Depurato per quanto possibile degli aspetti più brutali, come il ricorso
sistematico alla razzia o le famigerate fumade, i roghi accesi all’ingresso delle grotte
naturali per stanare i ribelli che vi cercavano rifugio con le famiglie, il metodo
Bugeaud avrebbe fatto scuola per le operazioni di empire policing in virtù della
grande libertà di manovra che garantiva. Come avrebbe sottolineato Calwell nel
suo classico testo sulle “piccole guerre”, apparso in due edizioni a cavallo del
’900 ma non privo di una qualche attualità, un esercito non vincolato a linee di
comunicazione e non condizionato dal problema dei rifornimenti aveva il grande
vantaggio di potersi muovere liberamente in tutte le direzioni, e l’avversario
poteva tentare di impedirglielo solo affrontandolo in battaglia: «Questa è la
ragione per cui il sistema delle colonne volanti, reparti di truppa auto-contenuti
che percorrono in ogni verso il teatro di guerra, è così largamente adottato».
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La mobilità era condizione essenziale, in quanto i guerriglieri erano soliti colpire
all’improvviso per poi disperdersi ed era quindi necessario riuscire ad agganciarli
in combattimento prima che vi riuscissero, ma la ricerca della massima mobilità
non doveva andare a scapito della sicurezza e a tal fine le colonne, per quanto
leggere, dovevano essere di forza adeguata alla consistenza delle formazioni che
potevano incontrare. 36
Il metodo delle colonne volanti, in grado di dare sicurezza a un territorio con
il loro movimento e di convergere all’occorrenza su eventuali centri di resistenza,
richiedeva predisposizioni organizzative e soprattutto un atteggiamento mentale
che nel 1923 non erano ancora patrimonio comune degli ufficiali del Regio
Esercito impegnati in Libia. Se l’organizzazione territoriale messa in atto sul Gebel
Nefusa appoggiandosi all’elemento berbero poteva in qualche modo richiamare
l’idea della goccia d’olio a premessa di una futura espansione, la sua sistemazione
difensiva era ancora basata su una rete di presidi con un approccio di tipo statico
35 C. E. CALWELL, Small Wars. Their principles and practice, University of Nebraska Press, 1996,
p. 118.
36 Ivi, p. 136.
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