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Scenari Sahariani – Libia 1919-1943 “La via itaLiana aLLa guerra neL deserto”


            FORTINI E COLONNE MOBILI





               Dopo aver acquisito il controllo della pianura costiera della Gefara, nell’estate
            del 1922 le forze italiane risalirono le pendici del Gebel Nefusa, il vasto altopiano
            a sud di Tripoli disteso ad arco per 190 chilometri tra il confine tunisino e le
            alture nei pressi di Homs, permettendovi il ritorno delle popolazioni berbere.
            Anche  in  questo  caso  l’iniziativa  dei  comandanti  di  colonna,  primo  fra  tutti
            Graziani,  fu  assecondata  dal  governatore  Volpi,  e  la  rapidità  con  cui  questa
            operazione venne attuata fu una delle ragioni che ne garantirono il successo. Dal
            punto di vista politico poi, l’aver dimostrato ai berberi che l’Italia manteneva
            fede alle sue promesse e non dimenticava chi gli si manteneva fedele, contribuì
            non poco al consolidamento del possesso della regione, con l’occupazione entro
            il novembre del 1922 di Nalut, Giado, Fassato, Garian, Jefren. In febbraio l’area
            sotto controllo italiano venne allargata a oriente del Gebel Nefusa, con la presa
            di Tarhuna il giorno 5, mentre il 26 dello stesso mese, grazie sempre all’azione
            convergente di più colonne appoggiate dall’aviazione, era la volta di Misurata, il
            maggior centro della rivolta in Tripolitania.
               La riconquista del Gebel tripolitano, a premessa di un’ulteriore avanzata oltre
            le sue pendici meridionali nella pianura predesertica della Ghibla, può essere
            considerata, grazie al particolare rapporto con la popolazione, un’applicazione,
            più o meno voluta, della strategia della macchia d’olio seguita dal generale Lyautey
            in Marocco. La cosiddetta scuola francese enfatizzava il ruolo di amministratore
            del soldato nel quadro di una omnicomprensiva politica di pacificazione, per
            cui all’azione militare doveva seguire la costruzione di strade, scuole, mercati e
            ospedali sempre sotto la gestione dell’esercito. In un articolo intitolato “Du rôle
            coloniale de l’Armée”, pubblicato nel 1900, Lyautey aveva proposto di sviluppare
            quest’azione  con  un  approccio  che  chiamò  “a  macchia  d’olio”,  fondato
            sull’allargamento progressivo delle zone d’influenza francese grazie alla forza
            d’attrazione esercitata dai loro mercati e dagli altri vantaggi della vita civile.
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               Tutto  iniziava  con  l’insediamento  di  un  avamposto  permanentemente
            presidiato in una zona di recente penetrazione a seguito di una vittoria ottenuta
            sul campo, di un trattato con qualche potentato locale o di informazioni affidabili
            sulla disponibilità della popolazione ad accettarne la presenza.  In via alternativa
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            31   H. WHITEHOUSE, Battle in Africa 1879-1914, Mansfield (UK), Fieldbooks, 1987, p. 6.
            32   G. POTIRON DE BOISFLEURY (maggiore dell’esercito francese), The Origins of  Marshal
               Lyautey’s Pacification Doctrine in Morocco from 1912 to 1925, Fort Leavenworth, Kansas, U.S.
               Army Command and General Staff College, 2010-01, p. 67-69.


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