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Scenari Sahariani – Libia 1919-1943 “La via itaLiana aLLa guerra neL deserto”


            o al più reattivo al problema della difesa. È lo stesso Graziani a confermarlo nel
            commentare negativamente il modo con cui si era reagito al ritorno offensivo
            dei ribelli dell’estate del 1923, contenuto con metodi ancora tradizionali, fondati
            sulla capacità di resistenza dei punti fortificati e sull’intervento di colonne di
            soccorso organizzate attingendo ai presidi principali:
                     La dislocazione delle nostre forze non era allora esattamente informata alla
                  messa in potenza di gruppi mobili, in determinati punti salienti dell’occupazione,
                  ma trovavasi frazionata nei varii presidi. Né s’era entrati ancora esattamente nel
                  concetto che il territorio si tiene col movimento fra un punto e l’altro di appoggio,
                  e non col limitarsi a rimanere inattivi, passivamente aspettando che l’avversario
                  prenda l’iniziativa. Perché in Africa, allorché si occupa un punto, non si occupa
                  che quel punto, e sarà sempre possibile a una formazione ribelle leggera ed ardita,
                  passarvi più o meno d’accanto.
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               A ricacciare la minaccia degli insorti e a consolidare l’occupazione del Gebel
            Nefusa attirando nell’orbita italiana anche le tribù arabe dei Riaina, degli Aulad
            bu Sef e dei Misciascia – questi ultimi nomadi della Ghibla – contribuirono,
            subito dopo, una serie di operazioni condotte da colonne di fanteria, cavalleria e
            artiglieria, ancora una volta di reparti eritrei e libici, tra le quali spicca l’azione della
            colonna Mezzetti che, partita da Garian il 9 settembre, sbloccò in successione
            Tarhuna,  Cussabat,  Sliten  e  Misurata,  dove  sarebbe  entrata  il  22  settembre
            dopo aver coperto oltre trecento chilometri sempre combattendo. Il 13 ottobre
            ancora Mezzetti avrebbe allontanato una volta per tutte la minaccia da Misurata
            sconfiggendo a Bir Carrarim le tre mehalle agli ordini di Ibrahim Sceteui, forti
            di 1700 armati a piedi e 200 a cavallo, con due cannoni e quattro mitragliatrici.
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            Anche  in  questa  occasione  le  forze  di  Mezzetti  rispettavano  l’ormai  classica
            combinazione delle tre armi ed erano costituite quasi esclusivamente da truppe
            coloniali, con tre battaglioni eritrei, VIII, XVII, XX, due squadroni, 2° e 3°, di
            savari – specialità libica della cavalleria – e due mezze batterie, una nazionale
            e una libica. A Bir Carrarim ebbe un ruolo importante anche l’aviazione, che
            con gli SVA e i Caproni dislocati a Misurata orientò l’azione delle truppe con
            una costante attività di ricognizione e intervenne direttamente nell’azione con
            bombe e mitragliatrici, sostenendo l’assalto decisivo degli eritrei del XVII contro
            il centro dello schieramento avversario e trasformandone in rotta la ritirata.
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               Il ricorso alle colonne mobili, ed era questa una delle conferme venute dal
            ciclo  operativo  del  1923,  non  escludeva  l’allestimento  di  punti  fortificati,  a


            37   R. GRAZIANI, Verso il Fezzan op. cit., p. 140.
            38   O. MEZZETTI, Guerra in Libia op. cit., p. 92-97.
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            39   A Misurata Marina era dislocata una sezione dell’89  Squadriglia SVA, alla quale nell’occasione
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               si  era  aggiunta  una  sezione  della  12   Squadriglia  Caproni.  Per  un  approfondimento  sul
               contributo dell’aviazione a questo ciclo operativo, si veda F. PEDRIALI, L’aeronautica italiana
               op.cit., p. 165-168.

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