Page 47 - Scenari Sahariani - Libia 1919-1943. La via italiana alla guerra nel deserto
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Controguerriglia e Controllo del territorio

                     Un errore di apprezzamento del terreno, o di calcolo delle risorse idriche, può
                  far sì che un formidabile strumento di guerra si frantumi in un attimo.
                     Per  queste  ragioni,  la  buona  riuscita  di  una  operazione  coloniale  sta
                  essenzialmente nella perfetta preparazione ed organizzazione dei mezzi, nonché
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                  nella felice scelta della direzione di marcia.
               Il paragone tra una colonna in marcia in zone desertiche e una nave in alto
            mare era certamente efficace e serviva allo scopo di evidenziare quell’esigenza
            di autosufficienza che si sarebbe imposta in misura ancora maggiore quando,
            dopo la riconquista del Gebel, si sarebbe trattato di affrontare le distese della
            Ghibla, della Sirtica e del profondo Sud tripolitano. L’autonomia logistica era
            funzionale al concetto stesso di colonna volante su cui doveva basarsi l’azione di
            controguerriglia e controllo del territorio e ne costituiva l’essenza. La protezione
            della carovana non doveva tuttavia condizionare l’azione della colonna, e per
            questa ragione la classica soluzione del quadrato marciante venne presto superata
            a favore di un’altra che separava lo scaglione di combattimento dallo scaglione
            del convoglio, assegnandogli una propria scorta e prevedendo anche l’intervento
            dei conducenti per l’eventuale difesa da minacce dirette. 30
               Per dare allo scaglione di combattimento la massima libertà di manovra, senza
            risentire della lentezza e della vulnerabilità della carovana, il comandante della
            colonna doveva quindi darle una scorta adeguata, tenerla al di fuori del terreno
            della lotta, in posizione defilata ma comunque nell’ambito della sua sfera d’azione,
            e affidarla a un ufficiale energico e di grande energia con il quale tenersi sempre
            in stretto collegamento. Il comandante della scorta, di solito di grado più elevato,
            doveva a sua volta essere «di provata esperienza coloniale, buon tattico, dotato
            d’iniziativa e fermezza». Dalla collaborazione tra questi due ufficiali dipendeva
            la salvezza della carovana e quindi della colonna, e dal momento che la carovana
            non poteva essere considerata una trincea in cui asserragliarsi, anche l’azione
            della scorta doveva avere carattere dinamico, e il suo comandante doveva tenerla
            raccolta in una posizione da cui poter intervenire contro qualunque eventuale
            minaccia,  facendo  però  attenzione  a  non  farsi  attirare  in  combattimento  e
            distrarre dal suo compito.













            29   Ivi, p. 165.
            30   O. MEZZETTI, Guerra in Libia op. cit., p. 60-62.


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