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Scenari Sahariani – Libia 1919-1943 “La via itaLiana aLLa guerra neL deserto”


            schema coloniale, con le truppe raccolte in quadrato attorno al convoglio con i
            rifornimenti, ma l’elemento innovativo fu l’intervento dell’aviazione, chiamata a
            fornire un prezioso supporto di fuoco. Graziani aveva fatto realizzare nei pressi
            dei pozzi di Suani el-Kurdi una base avanzata e un campo trampolino dove i due
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            Caproni Ca.3 della 12  Squadriglia e i due SVA 5 della 89  distaccati da Tripoli a Zuara
            potevano atterrare per rifornirsi di carburante, bombe e munizioni, aumentando
            così il tempo di volo nell’area di Giosc.  A guardia del campo, dei suoi depositi e
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            dei pozzi era stato lasciato lo squadrone meharisti, realizzando quella pragmatica
            combinazione tra antico e moderno che avrebbe caratterizzato il prosieguo delle
            operazioni e di cui Graziani sarebbe stato un convinto sostenitore. È lui stesso
            a lasciarci una succinta descrizione di quel combattimento in cui i suoi 3000
            uomini, pur su un terreno in apparenza favorevole all’avversario in quanto privo
            di appigli tattici, ebbero la meglio sui 2500 uomini delle mehalle degli Zintan, dei
            Rogeban, degli Haraba e dei Siian agli ordini di Momamed el-Fgheni, che alcuni
            giorni prima lo aveva sfidato invitandolo a rinunciare alla lotta e ad abbandonare
            il proposito di riportare i berberi sul Gebel:
                     La  lotta  si  accende  subito  violenta  intorno  alla  colonna  che  marcia  nella
                  formazione del classico quadrato, con il convoglio numerosissimo al centro, a causa
                  del terreno assolutamente piano e scoperto. Intervengono gli aerei, che atterrano
                  nel  campo  preparato  di  Suani  el-Kurdi,  ov’è  rimasto  a  guardia  lo  squadrone
                  meharisti,  si  riforniscono  di  bombe  e  ritornano  all’azione  ininterrottamente,
                  gettando il terrore nelle file nemiche.
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               Insieme all’intervento diretto dell’aviazione, che a Giosc si concretizza per
            la prima volta, l’altro elemento caratterizzante le operazioni della primavera del
            1922 e già ricordato, è l’utilizzo prevalente di reparti coloniali. Questa scelta
            rispondeva a tre esigenze, le prime due di natura politica ed economica, la terza
            di natura prettamente militare. In merito alla prima, l’impiego di reparti coloniali
            permetteva di evitare gli effetti di politica interna associati alle perdite che si
            sarebbero inevitabilmente avute tra i coscritti italiani. La Grande Guerra era un
            ricordo troppo recente per imporre alle famiglie italiane nuovi lutti, e quanto era
            accaduto dopo Adua aveva lasciato un segno profondo. Come del resto ovunque
            in Europa, il sostegno all’espansione coloniale era un sostegno fragile, che poteva
            facilmente venir meno, meglio quindi affidarsi a truppe reclutate localmente o
            comunque lontano dalla madrepatria, così da minimizzare l’impatto delle liste
            dei caduti sull’opinione pubblica. Accanto alle motivazioni di politica interna
            c’erano poi quelle di natura economica, da non sottovalutare considerata da un
            lato la durata delle campagne coloniali, dall’altro gli effetti della crisi economica



            20   F. PEDRIALI, L’aeronautica italiana nelle guerre coloniali. Libia 1911-1936, Roma, Ufficio Storico
               Stato Maggiore Aeronautica, 2008, p. 134.
            21   R. GRAZIANI, Verso il Fezzan, Bengasi, Editori Fratelli Pavone, 1934, p. 69.


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