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Scenari Sahariani – Libia 1919-1943 “La via itaLiana aLLa guerra neL deserto”


               Lo stesso 8 gennaio la colonna del presidio di Brach arrivò a Mizda, dove affluì
            il giorno 11 anche il primo scaglione del presidio di Hon. Due giorni più tardi il
            secondo scaglione di questo arrivò a Sciuref e il 14 gennaio anche la colonna di
            Sebha raggiunse Mizda.  La mancanza di automezzi aveva però significato che
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            gli autocarri del Lodi avevano dovuto essere impiegati per il trasporto di uomini
            e materiali, con il risultato che gli L6/40 erano stati abbandonati uno dopo l’altro
            all’esaurirsi della benzina o al manifestarsi di qualche avaria.  La presenza dei
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            blindati era però valsa a respingere gli attacchi di elementi motorizzati avversari
            che nella prima parte del tormentato tragitto di quasi 600 km avevano cercato
            di agganciare la coda della colonna. Della colonna di Sebha non facevano parte
            6 FIAT 666 dello squadrone, inviati a recuperare il lontano presidio di Uau el-
            Chebir, portato in salvo a Mizda il 16 gennaio dopo aver percorso in 8 giorni
            1200 km di piste desertiche. Questa impresa valse al suo comandante, il tenente
            Rino Bosso, una Medaglia d’Argento al Valor Militare “sul campo”. Poteva così
            considerarsi ultimato lo sgombero del Sahara Libico, in quanto ormai più nulla
            si poteva fare per il presidio di Ghat, attaccato da forze francesi provenienti
            dall’Algeria.
               Il 9 gennaio 4 trimotori S.82 avevano raggiunto Ghat per evacuare i circa 80
            nazionali del presidio il cui comandante, insieme con 12 ufficiali e 35 uomini
            di truppa aveva però deciso di non partire per non abbandonare i 280 graduati
            e soldati libici, una parte dei quali fu poi congedata. Gli S.82 avevano quindi
            imbarcato solo 60  uomini e  il Comando  Superiore delle  FF.AA. della Libia
            ipotizzò quindi una seconda operazione di evacuazione per via aerea, con cui
            portare in salvo non solo i nazionali ma anche i libici che avevano scelto di
            rimanere al loro posto di combattimento, nella convinzione che questo avrebbe
            avuto un impatto positivo sulla popolazione. Nonostante una richiesta personale
            di Bastico al Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica, generale di squadra aerea
            Rino Corso Fougier, intesa a ottenere lo sgombero del resto del presidio, in
            tutto 150 uomini tra nazionali e libici, con l’impiego di 5 trimotori,  e il parere
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            favorevole  del Comando  Supremo,   l’operazione  non  poté  tuttavia  essere
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            ripetuta. Con gli italiani che avevano scelto di rimanere, e con gli ascari che
            avevano rifiutato il congedo, Jevolella continuò la resistenza rifiutando più volte

            204   Comando Superiore Forze Armate della Libia, n. 831 Op del 15 gennaio 1943, AUSSME,
               Rep. I-4, Racc. 49, Fasc. 14.
            205   D. TEMPERINO, Reggimento Cavalleggeri di Lodi op. cit., p.182-183. È da notare che nelle
               stesse condizioni, fatali per i carri armati L6/40, un solo autocarro FIAT 666 dovette essere
               abbandonato.
            206   SUPERLIBIA, radiomessaggio n. 01/903 Op del 17 gennaio 1943, AUSSME, Rep. I-4, Racc.
               49, Fasc. 14.
            207   Comando  Supremo, radiomessaggio per SUPERLIBIA n.30268 del  17  gennaio 1943,
               AUSSME, Rep. I-4, Racc. 49, Fasc. 14.


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