Page 105 - ATTI 2021 - IL MILITE IGNOTO
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          amministrativo e politico alle donne che fu presentata a luglio dal relatore Luigi
          Gasparotto e votata a larga maggioranza il 19 settembre. Si decise comunque
          che l’attuazione della legge sarebbe stata rimandata alla successiva legislatura. La
          legge passò al Senato ma non fu mai discussa perché la legislatura fu chiusa in an-
          ticipo facendola decadere. Le femministe avevano accompagnato l’iter legislativo
          con una campagna molto decisa per la conquista del suffragio, ma in ogni caso
          resta il dubbio su una votazione favorevole del Senato.
              L’anno dopo veniva concesso alle donne il voto amministrativo, ma ancora
          una volta la legge non completava il suo iter e dunque decadeva. Mancava con
          tutta evidenza una reale volontà politica, malgrado il grande attivismo della Alle-
          anza pro suffragio, perché l’ingresso delle donne nella vita politica rappresentava
          una incognita che i partiti non erano disposti a correre. Un altro socialista Giu-
          seppe Emanuele Modigliani a maggio 1922 presentò una proposta per estendere
          alle donne la stessa legge sul voto in vigore per gli uomini, ma mancarono le
          condizioni perché potesse essere presa in considerazione.
              Nel breve arco di tre anni la situazione politica in Italia era profondamente
          cambiata e per le donne si chiusero tutti quegli spazi che ritenevano di avere con-
          quistato con il loro impegno e il loro lavoro.
              La strategia interventista del femminismo italiano fallì dunque i suoi obiettivi
          perché non ottenne i diritti politici cui aspirava ma soprattutto subì le conseguen-
          ze del nuovo clima culturale. In Italia fu particolarmente forte il ‘contraccolpo di
          genere’ che si manifestò al termine del conflitto in tutti i paesi coinvolti quando
          le masse dei soldati di ritorno dalle trincee portarono una forte richiesta di risar-
          cimento economico e simbolico specialmente a detrimento delle donne.
              Per quanto elementi di rottura e di mutamento si fossero introdotti nei rap-
          porti tra i generi durante il conflitto, nel dopoguerra si affermò nettamente una
          controtendenza. Finito il tempo del grande scontro, tutti provavano un forte
          bisogno di sicurezza a cui lo Stato rispose prescrivendo alle donne il rientro nei
          ranghi, nei ruoli familiari, nei compiti procreativi e materni. Secondo la retorica
          dominante, la parentesi della guerra doveva essere chiusa anche in questo senso.
          Nell’ambito del lavoro, la riconversione a un’economia di pace provocò una dra-
          stica riduzione dell’occupazione femminile. Solo per pochi settori, come quello
          impiegatizio, la guerra rappresentò una tappa del processo di espansione della
          presenza femminile. Nell’industria invece la smobilitazione della forza lavoro
          femminile fu molto rapido, più lento ma comunque profondo nell’agricoltura. I
          modi in cui vennero pagati i sussidi di disoccupazione rivelano in modo inequi-
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