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98 Il Milite Ignoto: sacrificio del cittadino in armi per il bene superiore della Nazione
familias. Alle donne era consentito diventare maestre nelle scuole elementari, e se
insegnavano nelle scuole medie, dovevano farlo nelle classi femminili; potevano
svolgere attività di scarso prestigio sociale e di modesta retribuzione, naturalmen-
te gli impieghi pubblici qualificati erano loro negati, tanto che nel 1910 il Consi-
glio di Stato raccomandò di assumere donne solo per impieghi di basso profilo.
Durante l’età giolittiana si provò a legiferare a favore delle donne, ma con
poco successo.
La sensibilità del mondo politico alla condizione femminile cambiò solo nel
corso della prima guerra mondiale, quando le donne dovettero sostituire in tutti i
mestieri e le attività gli uomini che erano al fronte, e divenne stridente il contrasto
tra la realtà e leggi ormai anacronistiche.
Per consentire alle donne di svolgere in autonomia ogni tipo di operazione
finanziaria, in assenza degli uomini, fu necessario sospendere l’autorizzazione ma-
ritale, mentre, sempre in deroga alle disposizioni del codice civile, i sussidi per le
famiglie dei soldati vennero versati direttamente alle mogli. Sembrano piccole cose
ma erano la presa d’atto di una condizione giuridicamente non più sostenibile.
Nel 1917 il Gabinetto di unità nazionale presentò finalmente un disegno di
legge diretto a riconoscere l’uguaglianza giuridica e ad abolire l’autorizzazione
maritale. La Commissione della Camera ne ampliò la portata inserendo anche
l’ammissione all’esercizio delle professioni e finalmente, a larga maggioranza, fu
votata la legge «Disposizioni sulla capacità giuridica della donna» (legge 17 luglio
1919, nr. 1176). Furono sostanzialmente due gli aspetti della legge Sacchi, dal
nome del guardasigilli Ettore Sacchi, che andarono a regolare e per certi versi a
cambiare la vita delle donne: abolendo gli artt. 134, 135, 136 e 137 del Codice
civile italiano si cancellava l’istituto dell’autorizzazione maritale migliorando la
condizione delle donne maritate; introducendo l’art. 7 si ammettevano le donne
“a pari titolo degli uomini, ad esercitare tutte le professioni ed a coprire tutti gli
impieghi pubblici, esclusi soltanto, se non vi siano ammesse espressamente dalle
leggi, quelli che implicano poteri pubblici giurisdizionali o l’esercizio di diritti e
di potestà politiche, o che attengono alla difesa militare dello Stato secondo la
specificazione che sarà fatta con apposito regolamento».
Questa legge fu il risultato delle battaglie delle donne e frutto dei tempi, cioè del
prendere atto che durante la guerra le donne avevano fatto la loro parte dimostran-
do di non essere soggetti da proteggere, come le norme avevano fin lì stabilito. La
loro partecipazione al cosiddetto fronte interno scavalcò nei fatti gli articoli che li-
mitavano l’azione femminile, un’azione che doveva tener conto anche dei 650 mila