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188        Il Milite Ignoto: sacrificio del cittadino in armi per il bene superiore della Nazione




            nato ufficiale nell’esercito italiano. Debbo tuttavia ammettere di non essere
            stato cancellato dal nesso statale austriaco, dichiaro, inoltre, di avere prima e
            dopo lo scoppio della guerra con l’Italia, fatta un’intensissima propaganda in
            ogni modo, con la parola con gli altri scritti a mezzo stampa per la Causa italia-
            na e per l’annessione all’Italia delle regioni soggette all’Austria, di essere entra-
            to volontariamente nell’Esercito italiano; di avere, dopo la nomina a ufficiale,
            combattuto contro l’Austria; di essere stato fatto prigioniero di guerra mentre
            impugnavo le armi, dichiaro, in particolare, di avere scritto tutti gli articoli e
            opuscoli che mi sono attribuiti negli atti di questo tribunale, di averne promos-
            sa la stampa nonché di aver tenuto tutti i discorsi in essa menzionati. Insisto
            espressamente sul fatto che ho sempre agito secondo il mio ideale politico che
            aveva per scopo l’indipendenza delle province italiane dall’Austria e la loro
            unione al Regno d’Italia”.
               Con queste parole, affermava ancora una volta l’amore per l’Italia e abbrevia-
            va le inutili formalità del processo, ammettendo i capi d’accusa che il tribunale
            gli imputava.
               Un altro tema che si può evincere da queste lettere è quello del legame tra
            ufficiali e soldati. È certamente vero che gli ideali nei quali si erano riconosciu-
            ti tanti ufficiali provenienti dalla borghesia non erano gli stessi della massa dei
            combattenti, ma spesso si creava, per ragioni di cameratismo, collaborazione,
            amicizia e rispetto una fraterna solidarietà, una reciproca identificazione, attuata
                                                    grazie alle pene e alle angosce in co-
                                                    mune sofferte.
                                                       Differenze di cultura, di usi e co-
                                                    stumi,  spesso  anche  di  lingua,  dap-
                                                    prima  rappresentarono  un  ostacolo
                                                    furono  poi  superate.  Da  qui  la  sin-
                                                    cera  ammirazione  per  quei  soldati,
                                                    un’ammirazione spesso contraccam-
                                                    biata. Cito tra le tante, la missiva del
                                                    sottotenente dei bersaglieri Lamber-
                                                    to Luigi de Bernardi, Medaglia d’O-
                                                    ro al Valor Militare che, ultimo di tre
                                                    fratelli, tutti caduti in combattimento,
                                                    con riferimento ai suoi soldati rivela:
                     Lamberto de BERNARDI           “non hanno tregua ed io lavoro con
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