Page 27 - Le Forze Armate e la nazione italiana (1915-1943) - Atti 22-24 ottobre 2003
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NAZIONE E FORZE ARMATE: DALLA VITTORIA ALLA DISFATTA 5
rivoluzione sociale, senza comprendere tuttavia la vera natura del fascismo stes-
so, come nuova forza politica che non si proponeva soltanto di proteggere la so-
cietà borghese e restaurare lo Stato monarchi co, ma di abbattere il regime liberale
e costruire uno Stato nuovo fondato sul monopolio del potere politico.
Uscite vittoriose dalla Grande Guerra, negli anni del "biennio rosso", le For-
ze armate considerarono favorevolmente l'affermazione del fascismo come mo-
vimento di reduci, che esaltava i valori patriottici, difendeva la vittoria, onorava
l'esercito, tutelava la proprietà, combatteva i rivoluzionari internazionalisti, e
prometteva di restaurare l'ordine e di rinnovare lo Stato nazionale per rendere
l'Italia più forte e più rispettata nel mondo, riconoscendo alle Forze armate una
funzione fondamentale nell'attuazione di questo programma. Fedeli alla mo-
narchia, e convinti di essere un'istituzione che serviva il paese al di fuori delle
vicende della politica e del mutamento dei governi, i militari seguirono il re
nell'accettare il ricatto del partito fascista, che pretese il potere, e non si oppo-
sero neppure, come non si oppose la monarchia, alla distruzione del regime li-
berale e alla costruzione del regime totalitario. Il mito della nazione, esaltato
dal fascismo, era motivo sufficiente per garantire alle Forze armate la legittimità
del nuovo regime, sancito dal consenso della monarchia, anche se la concezio-
ne della nazione professata dal fascismo era sostanzialmente diversa da quella
professata dall'ideologia l110narchica.
Nell'atteggiamento delle Forze armate verso il regime fascista, ci fu un'am-
biguità fondamentale, che proprio il mito della nazione nascondeva, insieme
all'ambiguità del principio che le Forze armate servono la nazione e lo Stato
senza fare politica, al di fuori dei partiti, unicamente dedite al bene del paese.
Appena giunto al governo anche Mussolini dichiarò che le Forze armate aveva-
no il dovere di non fare politica: una direttiva molto tradizionale, rispettosa
della tradizione monarchica e militare. Ma la direttiva era solo apparentemen-
te tradizionale. In effetti, l'affermazione che le Forze armate hanno il dovere di
non fare politica cambia sostanzialmente di significato, se chi la pronuncia è un
capo di governo liberamente scelto dal parlamento e soggetto alla fiducia del
parlamento, o se, invece, è un capo di governo che è anche capo di un "parti-
to milizia", che si è aperto la strada per il pòtere attraverso la violenza, e mo-
stra chiaramente la sua volontà di voler conquistare il monopolio del potere e
della politica. Nonostante la loro proclamata apoliticità, le Forze armate furo-
no inevitabilmente condizionate dal modo in cui il fascismo - come "partito mi-
lizia", divenuto partito unico di uno Stato nuovo costruito in modo conforme
alla sua ideologia - concepiva la nazione, lo Stato e la politica. Direttamente o
indirettamente, il fascismo coinvolse le Forze armate nella realizzazione del suo
esperimento totalitario, che si proponeva di realizzare una rivoluzione antro-
pologica, attraverso la militarizzazione della vita collettiva, l'organizzazione e la