Page 28 - Le Forze Armate e la nazione italiana (1915-1943) - Atti 22-24 ottobre 2003
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6                                                             EMILIO  GENTILE


            mobilitazione  permanente delle  masse,  per  creare  una  nuova  razza di  italiani
            lavoratori  e  guerrieri,  concepiti  secondo  il  modello  del  "cittadino  soldato",
            interamente subordinati alle  esigenze  dello  Stato e  del  partito unico.
                Ho fin qui mostrato molto sommariamente le condizioni del  rapporto fra na-
            zione  e  Forze  armate  dalla  fine  della  Grande  Guerra all'avvento  del  fascismo  al
            potere.  Per  tratteggiare gli  aspetti  essenziali  del  rapporto  fra  Forze  armate  e  fa-
            scismo,  che  domina il  periodo successivo,  seguirò un percorso opposto a  quello
            della  successione  cronologica,  partirò  cioè  dal  momento conclusivo  e  risolutivo
            di  questo rapporto, che non fu  la  caduta del regime fascista,  ma la  catastrofe na-
            zionale  dell'8  settembre 1943.  Il  procedimento può sembrare storicamente poco
            corretto, ma credo che sia  plausibile,  dal  momento che la  percezione, l'interpre-
            tazione  e  la  valutazione del  rapporto  fra  nazione e  Forze armate nel  periodo fa-
            scista è  inevitabilmente condizionata  dalla  catastrofe  dell'8  settembre  1943  e  da
            tutto quel che questo evento ha rappresentato nella storia della nazione italiana e
            nella storia delle sue istituzioni, in particolare le  Forze Armate.

                In  effetti,  la  storia  del  rapporto  fra  nazione  e  Forze  armate  nell'arco  di  un
            ventennio fascista,  può essere emblematicamente rappresentata dal  titolo di  que-
            sta relazione:  "dalla vittoria alla disfatta".  In effetti, la maggior parte dei proble-
            mi  che  riguardano  il  rapporto  fra  nazione  e  Forze  armate  nel  periodo  fascista,
            ruota attorno ad una questione centrale: come mai lo Stato italiano, che era usci-
            to vittorioso dalla prima guerra mondiale, assurgendo al  rango di  grande poten-
            za,  e  che  durante il regime fascista  appare  rafforzato e  ingrandito come grande
            potenza, attraverso  la  militarizzazione  della vita collettiva e  un  aggressivo  belli-
            cismo,  crollò  miseramente  nella  seconda  guerra  mondiale,  con  il  disfacimento
            delle Forze armate, la disgregazione dell'unità, lo scatenamento di  una guerra ci-
            vile,  e  lo  sfasciume  della  nazione,  trasformata  in  una  popolazione  misera  e  ab-
            brutita,  ridotta  a  vivere  in  condizioni  di  esistenza  primordiale  sotto  la  furia  di
            eserciti stranieri che si  combattevano ferocemente sul  suo territorio?
                C'è una formula che oggi  riassume  il  significato  dell'8  settembre nella storia
            italiana: "la morte della patria". L'espressione, coniata dopo 1'8 settembre dal giu-
            rista Salvatore Satta, è stata riesumata e utilizzata per la prima volta da Renzo De
            Felice  nel  1990, per sintetizzare la  sua interpretazione degli  avvenimenti italiani
            dal  1943  al  1945, e  le  loro conseguenze sulla storia  dell'Italia  repubblicana.  La
            "morte  della  patria",  secondo il  grande storico  del  fascismo,  fu  la  conseguenza
            della  disfatta  italiana  nella  seconda  guerra  mondiale,  del  crollo  dello  Stato  na-
             zionale  all'indomani  dell'8  settembre, e  della guerra civile  che  seguì  alla nascita
             della  Repubblica sociale da parte di  Mussolini.
                L'espressione "morte della patria" - anche se discutibile come categoria di in-
             terpretazione storica,  per  i  motivi  che  ho  illustrato  nel  libro  La  Grande  Italia,
             pubblicato nel  1997 - è  senz'altro  una  formula  efficacissima,  perché evoca con
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