Page 32 - Le Forze Armate e la nazione italiana (1915-1943) - Atti 22-24 ottobre 2003
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10 EMILIO GENTILE
all'introduzione delle leggi razziali e antisemite, dall'abolizione della Camera dei
deputati alla fascistizzazione del Senato, dalla sottrazione al re del comando del-
le Forze armate all'entrata dell'Italia nella seconda guerra mondiale.
Appare molto improbabile che, in una tale situazione, il ruolo e la funzione
delle Forze armate possa essere rimasto inalterato, al di fuori della politica to-
talitaria, protetto dallo scudo monarchico. Anche se ai militari fu garantita una
sfera di autonomia all'interno del regime fascista, è pur sempre necessario in-
dagare quale fu l'effetto che ebbe sulle Forze armate la onnipresenza di un par-
tito unico, che pretendeva di essere la massima espressione della nazione e impose
la militarizzazione della nazione affidandone la funzione di pedagogia collettiva
alle organizzazioni del partito, sottraendo così alle Forze armate il monopolio
delle due funzioni principali, che ad esse erano assegnate in tutti gli Stati na-
zionali. Non mi pare che questo problema sia stato finora affrontato in modo
adeguato, né mi pare che possa avere un adeguato trattamento nell'ambito di
un'interpretazione che ritenga di aver risolto definitivamente il problema dei rap-
porti fra fascismo e Forze armate con la tesi del "compromesso". Gli elementi
di validità che questa interpretazione contiene non bastano, secondo me, a far
luce sui problemi che ho indicato e sugli altri aspetti dei rapporti fra Forze ar-
mate e fascismo messi in luce dalla tesi della "compromissione". Non bastano
soprattutto perché il regime fascista non fu un'entità statica, neppure nelle sue
relazioni con le istituzioni tradizionali: di conseguenza, queste stesse relazioni
non possono essere interpretate con una formula unica e stati ca, applicabile all'in-
tero periodo del ventennio fascista. Il caso del Senato, del quale facevano parte
numerosi generali, può essere a questo proposito molto istruttivo. È prevalsa a
lungo fra gli studiosi la convinzione che la Camera Alta, proprio perché organo
vitalizio di nomina regia, rimase una indipendente e autonoma istituzione mo-
narchica, dove il partito fascista non aveva osato o non era riuscito ad imporre
il suo controllo totalitario. Recenti ricerche, come il volume da me curato Il to-
talitarismo alla conquista della Camera Alta, pubblicato nel 2002, e lo studio
sullo Stato fascista e la sua classe politica dello storico francese Didier Musied-
lak, edito nel 2003, hanno invece dimostrato che tale interpretazione non cor-
risponde affatto alla realtà, perché anche il Senato subì un processo graduale e
sistematico di fascistizzazione. E per fascistizzazione del Senato non intendo sol-
tanto riferirmi all'iscrizione dei senatori al partito fascista, che pure non era fat-
to semplicemente formale, in quanto comportava obblighi di obbedienza ai quali
- è ampiamente documentato - neppure i generali senatori potevano sottrarsi,
ma intendo parlare della effettiva trasformazione della Camera Alta in senso
funzionale al regime totalitario, che la rese un organo privo di autonomia, stru-
mento docile nelle mani del duce, sotto il controllo del partito fascista, anche
se rimase immutato il carattere di istituto vitalizio di nomina regia.