Page 39 - Le Forze Armate e la nazione italiana (1915-1943) - Atti 22-24 ottobre 2003
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LA GRANDE GUERRA, ELEMENTO UNIFICATORE DEL POPOLO ITALIANO? 17
. Il paradigma interpretativo della Grande Guerra quale elemento unificatore
del popolo italiano, anzi, come abbiamo visto, quale inappellabile sentenza dell'esi-
stenza o meno di una patria, di una nazione, ha resistito a lungo nella storiografia
italiana, ben al di là di quegli anni Trenta, in cui erano apparsi gli scritti di Pieri e
di De Bono. Soltanto alla fine degli anni Sessanta, dopo la comparsa di opere qua-
li I vinti di Capo retto di Mario Isnenghi e di Plotone di esecuzione. I processi della
prima guerra mondiale di Enzo Forcella e Alberto Monticone, ha preso piede una
nuova linea di tendenza, la quale ha prevalentemente insistito, negli ultimi decenni
facendo perno soprattutto su approcci influenzati dalle scienze sociali e dalla storia
letteraria (8), sulle linee di faglia e sulle antinomie, sulle fratture e sulle contrappo-
sizioni interne al popolo italiano in relazione ai piani più diversi, dal politico all'eco-
nomico-sociale, dal culturale a quello dell'identità, dal demografico al militare.
La Grande Guerra degli italiani 1915-1918, la sintesi relativa al primo con-
flitto mondiale, che Antonio Gibelli ha pubblicato cinque anni fa, è probabil-
mente l'opera che ha dedicato una più attenta considerazione alle due questioni
fondamentali, che si pongono anche in questa sede: «quanto i cittadini del regno
d'Italia fossero e si sentissero davvero italiani, e in che misura l'esperienza di guer-
ra modificò tale senso di appartenenza» (9). Quando Gibelli definisce la Grande
Guerra «la prima, grande esperienza collettiva degli italiani» (lO), sia dei combat-
tenti che dei non combattenti, e quando riferisce che «è opinione consolidata che
gli italiani non esistessero prima della guerra, nel senso che mancava una forte
identità collettiva in cui tutti si riconoscessero al di là delle differenze regionali
e sociali» (11), sembra a prima vista non allontanarsi troppo da quanto sosteneva
De Bono, soprattutto quando quest'ultimo confessava che nell'esercito italiano
prebellico «rimaneva un certo spirito di regionalismo» (12).
(8) Cfr. il recente profilo storiografico tracciato da Mario Isnenghi - Giorgio Rochat,
La Grande Guerra 1914-1918, Milano, La Nuova Italia, 2000, p. 496-508.
(9) Antonio Gibelli, La Grahde Guerra degli italiani 1915-1918, Milano, Sansoni, 1998,
p.10.
(lO) Ivi, p. 7.
(11) [vi, p. lO.
(12) E. De Bono, Nell'esercito nostro, cit., p. 132. Che la nazionalizzazione (nel signifi-
cato di superamento delle stimmate regionali o municipali) dei soldati di leva non avesse fatto
grandi progressi dopo «mezzo secolo di unità nazionale», lo aveva ammesso prima della Gran-
de Guerra anche la commissione parlamentare d'inchiesta per l'esercito, quando aveva consta-
tato che «ciascuna parte d'Italia presenta nell'indole dei suoi abitanti differenze caratteristiche
tali che difficilmente comportano identità di metodo nell'educazione e le brevi ferme non con-
sentono di plasmare un tipo unico di soldato», che, in altre parole, perfino sul terreno della for-
mazione militare ci si doveva rassegnare al regionalismo (Commissione d'inchiesta per l'Esercito,
Quarta relazione (26 maggio 1909), Roma, Tip. clelle Mantellate, 1909, p. 87).