Page 41 - Le Forze Armate e la nazione italiana (1915-1943) - Atti 22-24 ottobre 2003
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LA GRANDE GUERRA, ELEMENTO UNIFICATORE DEL POPOLO ITALIANO? 19
questo perimetro territoriale e sociale ebbe un'incidenza, che non può essere mi-
nimizzata. Quando, nel 1863, fu eseguita per la prima volta la leva in maniera
uniforme in tutto il regno d'Italia, risultò che, soprattutto nelle grandi città del
Nord, molte reclute erano già sotto le armi in qualità di volontari ordinari, con
una ferma, cioè, di otto anni. In questa condizione si trovava il 440/0 dei coscritti
genovesi, il 33% dei torinesi e il 180,1) dei milanesi (18).
Inoltre il Risorgimento non fu unicamente «il frutto di un'iniziativa forte-
mente elitaria ed eminentemente dinastica». La parola d'ordine «Italia e Vittorio
Emanuele» e l'arruolamento di una buona parte dei volontari del 1859 vanno
messi in conto agli ex-democratici della Società nazionale, la quale tra l'altro dif-
fuse periodici e opuscoli in decine di migliaia di copie (19). Senza dubbio le élites
moderate recitarono, soprattutto in Toscana e nel Mezzogiorno, un ruolo deci-
sivo nel processo di unione al Piemonte, ma si trattò comunque di scelte che be-
ne o male coinvolsero, non soltanto tramite i referendum, una quota non trascurabile
di coloro, che non facevano parte del mondo dei notabili. Infine non va dimen-
ticato che, nonostante tutti i suoi limiti di partecipazione popolare e nonostan-
te, al di là dei fiumi di retorica patriottica, il suo modesto tasso di nazionalizzazione
effettiva, il Risorgimento riuscì comunque a consegnare alla nuova Italia uno Sta-
to unitario, uno Stato che tra l'altro va valutato su un altro piano, in un altro
modo rispetto alla nazione.
Quelle che siamo indotti a celebrare quali virtù patriottiche (la partecipazio-
ne civica, l'identificazione nella nazione, il sentimento di patria, il culto della sto-
ria e della lingua ecc.), possono essere considerate dei vizi o quanto meno degli
handicaps dal punto di vista dello Stato, il quale privilegia piuttosto la razionalità
burocratica e soprattutto, ma non solo, nell'ambito militare l'obbedienza passiva.
Non a caso durante la Grande Guerra, pur essendo l'ideologia militare 'ufficiosa',
quella che si può ricavare dalle sin ossi che circolavano nell'Accademia mifitare di
Torino e nella Scuola militare di Modena, assai contigua al nazionalismo (il ne-
mico era sempre individuato nei sovversivi, nei materialisti e negli internazionali-
sti che negavano le idealità patriottiche e minavano l'unità del paese, si accoglievano
le tesi imperialiste sostenute da Felice de Chaurand de Saint Eustache ne Il disa-
gio militare) (20), tuttavia gli ufficiali di carriera, che si riconoscevano, ad esempio,
(18) Piero Del Negro, La leva militare in Italia dall'Unità alla Grande Guerra, in Esercito,
Stato, società. Saggi di storia militare, Bologna, Cappelli, 1979, p. 179.
(19) Cfr. Raymond Grew, A Sterner Pian for Italian Unity. The Italian National Society
in the Risorgimento, Princeton, Princeton University Press, 1963.
(20) Pier,o Del Negro, La professione militare nel Piemonte costituzionale e nell'Italia li-
berale, in Ufficiali e società. Interpretazioni e modelli, a cura di Giuseppe Caforio e di Piero
Del Negro, Milano, Franco Angeli, 1988, p. 211-230.