Page 46 - Le Forze Armate e la nazione italiana (1915-1943) - Atti 22-24 ottobre 2003
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verde, una sezione del Club alpino italiano, alcuni ordini e associazioni profes-
sionali tra cui gli avvocati, i medici, gli insegnanti medi, i maestri elementari, i ra-
gionieri, i ferrovieri dello Stato, i salumieri e - se è lecito assegnarli a tale
categoria - gli ex-reclusi del carcere cellulare di Milano, alcune banche e casse di
risparmio, un'industria di strumenti elettrici, l'istituto di storia del diritto roma-
no di un'università meridionale, i medici laureati a Pavia nel 1915, i coloni di due
tenute toscane, un convitto comunale, un circolo filologico, un compartimento
scolastico, un rione di Milano e una contrada di Siena) (34).
Certo, in molti casi la pietas faceva aggio sul patriottismo, ma.è anche vero
che riesce difficile far rientrare tutta questa pubblicistica nell'alveo del «compat-
tamento forzoso della nazione». La Grande Guerra mise in moto in realtà un du-
plice processo, che sarebbe spettato a Mussolini e al fascismo intrecciare strettamente,
ma che è ovviamente compito degli storici distinguere. Da una parte, come insi-
ste Gibelli, l'affermazione di un modello autoritario, illiberale, gerarchico; dall'al-
tra, il coinvolgimento, non sempre forzoso, non sempre in base agli ordini e alle
direttive dall'alto, delle masse. Come non vedere, ad esempio, il rapporto che cor-
re tra il robusto incremento del tasso di militarizzazione della società italiana, che
era stato imposto dalla guerra (mentre alla vigilia del conflitto indossavano la di-
visa tre milioni e mezzo di italiani, i dodici tredicesimi dei quali soltanto virtual-
mente (35); degli italiani che per di più erano in una parte non trascurabile, come
aveva denunciato Edoardo Arbib fin dal 1891, «iscritti nei ruoli, ma non mai sol-
dati, perçhé mai o pochissimo istruiti», sicché si trattava, come avrebbe stigma-
tizzato all'indomani del primo conflitto mondiale il generale Alessio Chapperon,
di «una forza in gran parte sulla carta» frutto di «semplici movimenti sui ruoli,
nella quiete degli uffici matricola» (36), la Grande Guerra mobilitò quasi sei mi-
lioni di uomini, dei quali quasi quattro milioni e mezzo furono assegnati a unità
combattenti di terra o di mare) (37) e i processi di aggregazione, se non di vera e
propria massificazione, che videro protagonisti, in particolare, i sindacati (gli ade-
renti passarono dal mezzo milione prebellico ai quattro milioni del 1920) e i par-
titi popolari (nel 1919 il partito socialista quadruplicò il numero degli iscritti
rispetto al 1915), ma anche le associazioni d'arma e quelle combattentistiche, due
tipi di associazione quasi inesistenti nell'Italia giolittiana?
(34) Cfr. Piero Del Negro, I militari veneti morti nella grande guerra: dal mito alla
storia, in «Archivio Veneto», serie V, voI. 151,1998, p. 210-211.
(35) Alessio Chapperon, L'organica militare tra le due guerre mondiali 1814-1914, Roma,
Stabilimento poligrafico per l'amministrazione della guerra, 1921, p. 383.
(36) Cito in Piero Del Negro, La mobilitazione di guerra e la società italiana (1915-1918),
in «Il Risorgimento», 44, 1992, n. 1, p. 3-4.
(37) V. Ilari, Storia del servizio militare in Italia, II, cit., p. 437.