Page 49 - Le Forze Armate e la nazione italiana (1915-1943) - Atti 22-24 ottobre 2003
P. 49
LA GRANDE GUERRA, ELEMENTO UNIFICATORE DEL POPOLO ITALIANO? 27
di cinici, si dovrebbe concludere - quanto meno provvisoriamente, dati i limiti
quantitativi delle indagini fin qui condotte - che la Grande Guerra ebbe un ef-
fetto modernizzatore anche sotto il profilo economico-sociale, in quanto falcidiò
soprattutto le professioni più tradizionali, quelle legate all'agricoltura, mentre
risparmiò o, meglio, massacrò in misura inferiore i ceti operai e borghesi
sull'onda dello sviluppo economico.
In ogni caso ciò che appare evidente è che la morte in guerra divise più che
unì il popolo italiano, in quanto non solo colpì alcune professioni e classi so-
ciali più di altre, ma anche - un fenomeno in larga misura connesso al prece-
dente - reclutò le sue vittime soprattutto nelle campagne e in provincia, come
segnalano, ad esempio, i dati che sono stati raccolti a proposito del Veneto. Ad
esempio il comune di Vicenza perse il 6% dei maschi, che, stando al censimen-
to del 1911, dovevano essere in età militare nel corso della Grande Guerra,
mentre nel resto della provincia si registrò un tasso del 9%: rapporti simili, se
non ancora più sfavorevoli alla provincia (spicca la situazione di Venezia: il 5%
nel capoluogo contro il 12% nel resto della provincia), sono stati calcolati per
Padova e per Treviso(43 l. Non fu comunque una peculiarità italiana, anche se
forse da noi fu probabilmente più accentuata che altrove: è stato infatti calco-
lato che i caduti tra i parigini furono 1'11% contro il 13% del resto della Fran-
cia e quelli tra i berlinesi il 90/0 contro il 12% registrato nelle altre città e
province della Germania(44l, mentre morì in guerra nel caso del Lazio il 5,6%
dei maschi che nel 1911 erano in età militare, di contro ad una media naziona-
le di poco inferiore al 10%.
Va anche ricordato che la Grande Guerra ampliò parallelamente la fascia dei
ceti medi (tra il 1915 e il 1921 gli impiegati dello Stato quasi raddoppiarono) e,
ciò che forse più conta, assegnò le stellette a decine di migliaia di ufficiali, molti-
plicando, in particolare, per oltr~ sette volte il numero degli ufficiali di comple-
mento. Anche per far fronte all'esigenza di moltiplicare il più rapidamente possibile
il numero degli ufficiali nel corso del conflitto, l'esercito si aprì alle classi medie
e alla piccola borghesia, le quali erano state invece tenute inizialmente ai margi-
ni da una normativa che privilegiava i curricula scolastici. A partire dalla fine del
1916 i corsi ufficiali furono tenuti presso i comandi territoriali e furono ammes-
si a frequentarli anche coloro che erano privi di un titolo di studio. Dopo Ca-
poretto il colonnello Angelo Gatti scriverà a proposito degli ufficiali di complemento,
andando assai sopra le righe, una forzatura comunque giustificata dall'esigenza
(43) Id., I militari veneti, cit., p. 226-227.
(44) Cfr. Jay Winter, Il lutto e la memoria. La Grande Guerra nella storia culturale
europea, Bologna, Il Mulino, 1998.