Page 240 - Le Forze Armate e la nazione italiana (1944-1989) - Atti 27-28 ottobre 2004
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            Relazioni sui  conti dei  vari  ministeri e quindi anche della Difesa possono offrire
            ampia  documentazione economica e  politica  per  l'esame  di  una  questione  che  a
            nostro avviso rimane di carattere schiettamente "costituzionale", cioè di  equilibrio
            (o  meno) di  poteri, anche per la  storia della  Repubblica.



            Una premessa storica

                Il  peso dei  bilanci  militari  sul totale delle spese statali è ormai considerato un
            aspetto fondamentale della costruzione dell'Italia unita.

                Sin dal  momento dell'unificazione, la classe dirigente moderata decise - con
            la  monarchia e  i militari  stessi - di  dare vita a  forze  armate da grande  potenza
            europea.  Nonostante  che  lo  stato  dell'economia  nazionale  fosse  debole,  nono-
            stante  che  l'alfabetizzazione  degli  italiani  fosse  quanto  mai  scarsa,  nonostante
            che la  sanità degli abitanti della Penisola patisse l'endemicità di  malattie 'sociali'
            (come la pellagra), nonostante tutto questo la classe  dirigente liberale moderata
            scelse di consegnare ai  militari grossomodo un quarto delle spese statali vive, che
            equivaleva però (se  da queste si  scomputano le  spese fisse  per interessi sul  debi-
            to)  più  della  metà delle  spese  pubbliche  che  stavano  nella  disponibilità  del  go-
            verno.  Tale  dato impressionò i contemporanei e colpisce ancora gli  osservatori,
            in particolare quelli stranieri.
                Di  quella scelta gli storici  militari hanno messo in evidenza un altro elemento
            di  grande rilevanza. Essi  hanno osservato che, nonostante la così alta quota di spe-
            se  militari  del  bilancio statale  italiano,  i politici  e  la  classe  dirigente  della  Destra
            storica rinunciarono a sindacare, a verificare, a controllare le modalità con cui quei
            trasferimenti venivano spesi dai militari. Quando Giorgio Rochat ha parlato di au-
            tonomia dei  militari  dai  politici  ha significato esattamente questo:  scarso control-
            lo  politico dei  militari, rilevanza non solo del  'quanto'  (che  pure era eccezionale)
            ma anche del  'come' della spesa militare italiana.
                Campi a autonomia con cui il  Ministero della Guerra, l'amministrazione mili-
            tare e i singoli  corpi poterono spendere le  ingenti risorse messe a loro disposizio-
            ne dal  Paese  rappresentò l'altra faccia,  "qualitativa", della medaglia di  cui  troppo
            spesso ci si  è soffermati solo a misurate quella "quantitativa" dell'altezza delle spe-
            se militari. A ben vedere, è anzi quella qualitativa a poter far  parlare di autonomia
             dei  militari nella storia d'Italia.

                formalmente era rimasto il  simulacro del vaglio parlamentare dei bilanci mi-
             litari.  In teoria esso avrebbe costituito il  più  alto dei controlli politici dei  rappre-
            sentanti del  Paese sulle  proprie forze  armate.  Ma in pratica l'illeggibilità di  quei
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