Page 354 - Le Forze Armate e la nazione italiana (1944-1989) - Atti 27-28 ottobre 2004
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-                                                           ANTONELLO  BIAGINI




           l'utilizzo del concetto di  "scontro di  civiltà"  in quanto funzionale,  soprattutto do-
           po 1'11 settembre, a motivare e giustificare azioni e scelte politiche che le  opinioni
           pubbliche democratiche avrebbero altrimenti rifiutato. Si  tratta, a ben vedere, della
           semplificazione  di  un  "messaggio", che agganciandosi  a sentimenti  irrazionali  ma
           profondi, vuole riaffermare e riproporre una sorta di identità collettiva, di orgoglio
           di "parte" che trova un consistente riscontro soprattutto nel mondo islamico. In sin-
           tesi  il  concetto di "crociata" si  ripropone pericolosamente e spiega il  consenso che
           l'estremismo fondamentalista si è guadagnato nel corso di questi anni anche presso
           quegli islamici che sicuramente non ne condividono fini e mezzi. Storicamente il ri-
           chiamo al concetto di civilizzazione e allo scontro di civiltà risulta essere ricorrente
           e non è stato solo usato nei confronti dell'Islam ove si  ricordi le grandi contrappo-
           sizioni ottocentesche al  panslavismo, alle Chiese ortodosse e ancora nel  diverso mo-
           do di costruire gli imperi coloniali da parte, soprattutto, di francesi e inglesi ma non
           è stato estraneo neppure al  colonialismo italiano e alla successiva idea del  periodo
           fascista di "portare la civiltà di  Roma ... ".  Per restare nell'ambito del mondo islami-
           co non si  può dimenticare che talune situazioni di crisi derivino sia dai risultati del-
           la prima come della seconda guerra mondiale.  Nel XVIII secolo quando Francia e
            Inghilterra si affrontano per l'egemonia nel Mediterraneo sono queste due potenze
           a giocare la  carta islamica:  la  Francia con l'invasione dell'Egitto rompe con la tra-
           dizionale  politica di  intesa con l'Impero ottomano,  mentre gli  inglesi  per rendere
            più sicura la loro rotta per le  Indie decidono di consolidare l'egemonia del califfa-
            to otto mano in tutti i territori dell'Islam sunnita anche non arabo (Afghanistan e Pa-
            kistan). A partire dal 1890 la carta della politica islamica viene ripresa dalla Germa-
            nia con l'obiettivo di  spingere la Persia e l'Afghanistan contro la Russia e provoca-
            re il sollevamento dei  musulmani dell'India per indebolire l'impero britannico. So-
            no gli anni della consistente presenza tedesca a Costantinopoli per rinforzare il po-
            tere del sultano anche come califfo (7).  Gli  inglesi decidono allora di opporre al ca-
            liffato turco un califfato arabo e nel 1915 promettono agli arabi uno Stato indipen-
            dente nella penisola arabica con la sovranità sui  luoghi  santi  dell'Islam  (Me dina e
            La Mecca). Alla fine  della prima guerra mondiale il  califfato arabo non si  costitui-
            sce, Kemal Ataturk abolisce quello turco mentre la dichiarazione di lord Balfour sul
            "focolare" ebraico in Palestina apre la strada alla formazione, dopo la seconda guer-
            ra mondiale, dello Stato di  Israele.  E di  nuovo, dopo il conflitto, gli  Stati Uniti  de-
            cidono di  giocare la carta islamica per contrastare il  comunismo sovietico che ten-
            de ad infiltrarsi in Medio Oriente. Più tardi, per lottare contro l'invasione sovietica



                (7)  Cfr.  Antonello  Biagini,  Momenti di storia  balcanica  (1878-1914).  ASfJetti militari,
            Ufficio Storico dell'Esercito,  Roma  1981.
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