Page 147 - 150° Anniversario II Guerra d'Indipendenza - Atti 5-6 novembre 2009
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Jean henri dunant, la nascita dell’idea di croce rossa internazionale 147
Henry Dunant, la nascita dell’idea della
Croce Rossa Internazionale
Amm. Isp. Capo Vincenzo Martines
Direttore Generale della Sanità Militare
a sorte dei feriti e dei prigionieri in battaglia era un tempo tristissima,
L una celebre e lapidaria frase romana ne esprime la drammaticità: “Una
spes victis, nullam sperare salutem” , oppure, ricorrendo alle guerre galliche
il famoso “vae victis” pronunciato da Brenno ai romani sconfitti.
Per quanto in epoca imperiale i servizi sanitari romani erano efficienti i
loro interventi non coprivano certamente tutte le esigenze.
Troveremo un’assistenza migliore al tempo delle crociate con la nascita
di ordini cavallereschi e ospedalieri, alcuni dei quali operano ancora oggi nel
mondo a favore di chi soffre, basti pensare al benemerito e glorioso Sovrano
Militare Ordine di Malta.
Tuttavia il principio della sacralità del ferito (Hostes dum vulnerati frates)
della neutralità dei sanitari e dei diritti del prigioniero così ben affermati nelle
convenzioni della Croce Rossa Internazionale e nella Dichiarazione universale
dei diritti dell’uomo del 1948 saranno il frutto di una lenta e sofferta evoluzione
del pensiero umano di cui Henry Dunant rappresenta la leva e la scintilla.
Dico lenta e sofferta evoluzione del pensiero umano perché, e ne sono
pienamente convinto, (ma questo vale anche per molte scoperte umane) si
possono riconoscere tanti uomini e donne che con il loro pensiero e la loro
azione hanno contribuito a sensibilizzare l’opinione pubblica di allora e creare
i presupposti acchè il seme cadesse in un terreno fecondo.
Mi piace ricordare a questo proposito il medico dell’Esercito
borbonico Ferdinando Palasciano che nella repressione dei moti
insurrezionali in Sicilia del 1848 contravvenendo al tassativo
ordine del Generale Carlo Filangeri di prestare soccorso
esclusivamente al proprio personale, avendo curato diversi
insorti, fu sottoposto a processo da parte di un tribunale di guerra e condannato
alla pena capitale mediante fucilazione, condanna fortunatamente non eseguita
per l’intervento della grazia sovrana di Ferdinando II che la commutò in un
anno di carcere duro.
Con la caduta della monarchia dei Borboni il Palasciano non mancò in tante
occasioni di esprimere con forza e passione il suo pensiero sulla neutralità dei
feriti e sulla necessità di servizi sanitari militari particolarmente efficienti.