Page 289 - Il Risorgimento e l'Europa - Attori e protagonisti dell’Unità d’Italia nel 150° anniversario - Atti 9-10 novembre 2010
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Volturno 1860. l’ultima battaglia 289
la Furia Garibaldina. L’estrema eterogeneità delle truppe volontarie, la mancanza di addestra-
mento e di disciplina rendevano impensabili l’impiego di articolate tattiche di combattimento.
La dottrina di impiego garibaldina era pertanto piuttosto semplice; “ammorbidire” il fronte
avversario con il fuoco dell’artiglieria o il tiro di precisione di reparti di tiratori scelti, come i
Carabinieri Genovesi, e sfondarlo tramite un massiccio assalto alla baionetta. Tale tattica
lavorava molto bene contro un nemico poco motivato o già scosso, assai meno se impiegata
contro un esercito agguerrito e ben guidato, come avvenne durante la campagna trentina del
1866. Alla sola battaglia di Bezzecca le perdite di Garibaldi nei confronti degli austriaci rag-
giunsero la proporzione di 7:1.
rilievo del Monte Tifata (603 m di quota) domina totalmente la piana del
Volturno, posta ad una quota di circa 30 metri. Allo stesso modo la
Divisione Tabacchi avrebbe dovuto assalire frontalmente l’abitato di Santa
Maria, il cui tessuto urbano era nel 1860 persino più vasto sia di quello di
Capua che di Caserta. A meno di ingaggiare un feroce combattimento casa
per casa non si comprende come gli uomini di Tabacchi avrebbero potuto
occupare la cittadina, oppure confidare su un poco credibile collasso delle
difese avversarie al primo apparire delle bandiere borboniche.
Evidentemente il concetto di aggiramento non faceva parte del bagaglio
culturale di molti ufficiali superiori borbonici;
- inesperienza al combattimento. Le scelte tattiche messe in atto in alcune
fasi della battaglia, come ad esempio a Castel Morrone, dimostrano una
pochezza tattica da parte degli ufficiali di Francesco II che si può spiegare
solo con una poca dimestichezza nel gestire situazioni di crisi tipiche di un
combattimento ad alta intensità come quello del Volturno.